L’inverno è trascorso nel migliore dei modi e Simone Petilli ha già accantonato un 2018 con più dolori che gioie. La dea bendata lo ha costretto a passare una stagione in cui fasciarsi le ferite era la sua attività principale, ma ora finalmente tutto è tornato in ordine e il 25enne di Bellano è pronto a riprendere il suo processo di crescita da dove lo aveva lasciato.
Le prime gare dell’anno hanno confermato che il cammino intrapreso è quello giusto: «Il 2018 è stato da dimenticare: arrivavo dall'infortunio al Lombardia 2017, quindi sono rientrato alle corse solo ad aprile - ha spiegato il corridore della UAE-Emirates a tuttobiciweb -. Poi nel finale di stagione cominciavo a sentirmi meglio, ma sono caduto di nuovo alla Vuelta a España e ho subito un brutto trauma cranico. In inverno però mi sono finalmente allenato bene e in questo inizio di stagione le sensazioni sono buone. In Algarve stavo bene e, dopo che Tadej Pogačar si è rivelato a tutti vincendo una tappa, abbiamo corso in suo appoggio, riuscendo alla fine a portare a casa la corsa».
Alla Volta a Catalunya in partenza oggi, sarà chiamato a confermare il buon colpo di pedale dimostrato finora. Dopodiché potrebbe avere spazio per andare a caccia di gloria personale nel neonato Giro di Sicilia: «È la prima volta che faccio la Volta a Catalunya, ho visto che i percorsi sono duri e adatti alle mie caratteristiche – ha continuato Petilli -. Il mio obiettivo sarà quello di aiutare Daniel Martin nelle frazioni di montagna, visto che può fare molto bene in classifica generale e ha già vinto la corsa in passato. Dovrei poi essere al via della prima edizione del Giro di Sicilia. Mi piace il percorso, è previsto un arrivo sull'Etna che mi stuzzica molto».
La casella vuota alla voce “vittorie in carriera” è un qualcosa al quale vorrebbe rimediare il prima possibile, anche per dimostrare a sé stesso di essere più che un affidabile gregario: «Da quando sono passato professionista non sono ancora riuscito a vincere, quindi non nascondo che un obiettivo per questa stagione sarebbe quello di alzare le braccia al cielo. Dovrò cercare di sfruttare le occasioni che capiteranno. Ho buone doti di resistenza, quindi sicuramente il terreno ideale per me sono le corse a tappe. Per il futuro magari anche le classiche più dure come Ardenne e Lombardia, la mia corsa di casa, potrebbero rivelarsi adatte».
Se potesse scegliere dove sbloccarsi, è giusto sognare in grande: «Sono nella preselezione per il Giro d'Italia, che al momento conta 12 corridori. Lavorerò per arrivare pronto a quell'appuntamento ed essere scelto, perché mi piacerebbe mettermi in mostra in quella che potrebbe essere la vetrina principale per me. Per il Tour de France è ancora un po' presto, mi affascina molto e non l'ho mai corso, ma se la squadra mi chiedesse di correrlo non mi tirerei sicuramente indietro».
La UAE-Emirates ha cominciato bene il nuovo anno, centrando alcuni risultati prestigiosi, ideali per scacciare i fantasmi di un 2018 in cui sono piovute tantissime critiche: «L'anno scorso la squadra ha fatto grossi investimenti, prendendo alcuni tra i corridori più forti in circolazione, quindi le aspettative erano altissime - ammette ancora Petilli, che da quando è professionista vero e proprio non si è mai spostato dalla ex Lampre -. Siamo stati molto criticati, ma penso fosse solo questione di tempo perché le cose cominciassero ad andar bene. Quando la squadra è nuova, bisogna riuscire a mettere a posto i vari meccanismi e infatti quest'anno abbiamo cominciato col piede giusto. Alcuni buoni risultati sono già arrivati. È vero che qualcosa è cambiato, ma in questi casi serve pazienza affinché tutti trovino il giusto affiatamento. Ora c'è meno pressione anche per i corridori, perché quando le cose vanno bene tutto l'ambiente ne trae giovamento. Un esempio è proprio l'Algarve: siamo arrivati lì senza aspettative e poi, invece, abbiamo portato a casa il massimo risultato. Poi siamo consapevoli che nelle grandi corse ci sarà molta più pressione, ma per il momento va bene così».
Dopo qualche parola di incoraggiamento per Fabio Aru, che sicuramente «tornerà a grandi livelli», il lecchese ha voluto mettere in guardia il mondo del ciclismo sul talento dello sloveno Tadej Pogačar, classe 1998, che in Algarve, sotto i suoi occhi, ha sparato la prima freccia della sua carriera. «Tadej è una grande corridore. L'avevo conosciuto l'anno scorso in alcuni stage che aveva fatto con noi e confermo che ha un grande motore ma, soprattutto, la testa giusta. Penso che in Algarve abbia ottenuto il primo risultato importante di una lunga serie. Aspettatevi grandi cose».