Si dice che tutte le strade portino a Roma, ma per chi pedala è sufficiente arrivare in via Roma: per primi. È il sogno agognato di tutti i ciclisti. È il traguardo più ambito, per i passisti veloci, ma anche per gli scalatori. È un traguardo all’apparenza semplice, per questo complicato, complesso, perché la corsa più lunga del mondo è anche la più aperta, per questo forse è anche la più affascinante di tutte.
La Milano-Sanremo scorre su uno spartito ormai collaudato di quasi 300 chilometri da oltre cento anni, che obbliga i corridori a restare a cavalcioni dei loro mezzi di trasporto per quasi sette ore. Un anno fa Vincenzo Nibali ha piazzato il colpo d’autore scattando in faccia a tutti sul Poggio, dopo sette ore di gara, e ha tagliato il traguardo proprio in quella via Roma che l’ha condotto diritto nell’Olimpo dei grandi interpreti di questo sport, conquistando la sua seconda corsa Monumento (due Lombardia, una Sanremo, ndr).
Dal 1907 al 1948 l’arrivo della Sanremo è stato posto in corso Cavallotti. Nel 1949 ecco via Roma. Dal 1986 al ’93 la classica di primavera è tornata in corso Cavallotti; dal 1994 al 2007 di nuovo in via Roma, per poi trasferirsi dal 2008 al 2014 in lungomare Italo Calvino. Dal 2015 ancora via Roma, e quest’anno sarà la 56a volta che la Sanremo terminerà sul rettilineo più ambito, nel salotto buono della città dei Fiori.
È la via più trafficata di Sanremo, ma nel giorno della Classica via Roma si fa passerella, per accogliere la prima sfida dal sapore antico della stagione. Una strada carica di storia: è il chilometro 668, da Roma, dell’antica via Aurelia. La strada statale numero 1. Questo è il viale del trionfo, della vittoria, che profuma di mare. Sono solo 440 metri, che sembrano piani, ma tirano leggermente all’insù, e dopo 290 chilometri diventano interminabili, per molti fatali.
È la volata più difficile che ci possa essere al mondo, provate a chiedere a Mario Cipollini o Paolo Bettini, che ne sanno qualcosa. Via Roma comincia alla fontana, e qui c’è il cambio di pendenza. Quel malefico 2% che sembra diventare muro solo quando decidi di alzarti sui pedali per sprintare. Guai a calare subito l’11, ti resta nelle gambe e nell’anima. Devi essere lanciato, altrimenti ti pianti. La parola d’ordine, se sei in volata, è non farsi chiudere. L’altra è pancia a terra, senza mai voltarsi a guardare dietro.
Era la festa del papà quel 19 marzo del 1949, la prima volta. Il Campionissimo staccò tutti a 27 km dal traguardo e giunse solo con 4’17” di vantaggio su Ortelli e Magni.
Poi sarà la volta del poker calato da Gino Bartali, che si prende la briga di superare allo sprint la bellezza di 53 corridori, lasciandosi alle spalle nientepopodimeno che il drago degli sprint, Rik Van Steenbergen.
In via Roma trionfa anche Louison Bobet, e poi Poblet, Van Looy, Tommy Simpson, che la Regina Elisabetta per questo successo nominerà Sir. E poi Altig, Merckx, primo per sette volte. E ancora, Roger De Vlaeminck, Loretto Petrucci, Michele Dancelli, che si regala la Classica dopo 17 anni di digiuno italico. E naturalmente gli iridati Felice Gimondi e Beppe Saronni, prima dell’ora di Francesco Moser…
Via Roma ha visto scorrere la storia del ciclismo, forse la più nobile e la più bella. Ha fatto nascere la leggenda di Merckx (1966, nella foto), che su questa strada ha gettato le basi per raggiungere l’eternità sportiva. Via Roma sta alla Sanremo come i Campi Elisi al Tour de France. Sono strade che vanno percorse con il cuore in gola, e c’è il caso che poi qualcuno possa anche veder scorrere una lacrima.
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