Pedala ancora come un ragazzino, con quella faccia spensierata alla Tintin. Davide Rebellin tira dritto, anche quest’anno, alla soglia dei 48 anni che compirà il prossimo 9 agosto. È uno degli sportivi più agé in circolazione, più del collega Chris Horner (corre per il team Illuminate, formazione Continental americana, ndr), che i 48 anni li compirà ad ottobre. Raggiungiamo telefonicamente Davide Rebellin: stranamente non è in bicicletta.
«Questa mattina ho degli esami da effettuare, e sono qui a Montecarlo dove ormai vivo da tanti anni, per una serie di controlli di routine».
A Montecarlo hai anche ritrovato l’amore…
«Sì, mi sono risposato il 17 maggio del 2014 con Françoise. È francese, di Monaco, appassionata di sport e anche di ciclismo. Assieme stiamo davvero molto bene».
In bicicletta neanche a dirlo…
«È la mia passione, la mia vita. Sto continuando a fare quello che mi è sempre piaciuto fare fin da ragazzino. Non mi pesano assolutamente gli allenamenti, e mi emoziona ancora schierarmi al via di una corsa».
A proposito, quando l’esordio stagionale?
«Al Gp La Marsigliese, domenica 3 febbraio. Quello per me sarà l’inizio della mia 27° stagione da professionista. Ho fatto il mio ingresso nella serie maggiore del ciclismo subito dopo l’Olimpiade di Barcellona 1992 (vinta da Fabio Casartelli, ndr), con la maglia della GB-MG Boys (subito 9° al Giro di Lombardia, ndr). Quest’anno vestirò invece ancora quella della Sovac, formazione Continental algerina, del patron Keider Oulmi, che è di stanza qui a Montecarlo. È un grande imprenditore (importa in tutto il Nord Africa auto del gruppo Volkswagen, ndr), un appassionato di ciclismo, che vuole portare la cultura delle due ruote nel suo Paese. Per questo su 14 corridori, 11 sono di nazionalità algerina. Io faccio un po’ da chioccia, quindi faccio di tutto, anche il direttore sportivo in corsa: sono un punto di riferimento per tanti ragazzi e metto a disposizione la mia esperienza e la mia passione. Non è detto che questa cosa poi possa avere anche un seguito: fare il tecnico mi è sempre piaciuto. C’è anche la possibilità che possa fare un giorno il CT della nazionale algerina, ma è ancora tutto in itinere».
A quasi 48 anni hai ancora qualche sogno?
«Più d’uno. Il primo è quello di poter smettere disputando una grande corsa di prima fascia: sarebbe il giusto coronamento. E poi non ti nascondo che vorrei anche impugnare la causa di assoluzione avuta dal tribunale di Padova nel 2015, per tornare in possesso della medaglia d’argento dei Giochi di Pechino: quella la sento assolutamente mia».
Un’assoluzione nel processo penale, in seguito alla positività all’Epo-Cera ai Giochi di Pechino nel 2008.
«Esattamente. Sono stato assolto perché il fatto non sussiste. Avevano chiesto un anno di pena per violazione della legge 376/2000 e, come se non bastasse, avevo anche un procedimento penale per evasione fiscale: per loro la mia residenza monegasca era fittizia. È talmente fittizia che ormai vivo qui da sempre. Insomma, ne sono uscito a testa alta in entrambi in casi».
Perché non impugni quella sentenza per avere giustizia anche in ambito sportivo e riavere indietro quella medaglia...
«Perché non è così semplice e costerebbe uno sproposito. Dovrei andare contro il CIO, ricorrendo alla Corte Svizzera. Dovrei ingaggiare luminari di grido per dimostrare, come ebbe modo di sostenere in ambito penalistico il mio avvocato De Silvestri, diverse falle nella catena di custodia dei campioni, oltre a dimostrare che alcuni di essi erano stati nel frattempo deteriorati e non più utilizzabili. Anche il metodo utilizzato per trovare il Cera al tempo non era validato. Non è detto però che un giorno non decida di farlo».
Oltre a pedalare, cosa fa Davide Rebellin?
«Pedalo. Ho dato vita ad una serie di «Rebel-camp» in Gran Canaria. Accompagno in bici gli appassionati. Il prossimo sarà dal 24 al 31 gennaio. Generalmente accettiamo una ventina di ciclisti, che vengono accompagnati da mariti, mogli o fidanzate. In questo progetto mi appoggio ad un caro amico, il dottor Marino Mariano, che risiede da tempo in Gran Canaria. È un alimentarista, specializzato in alimentazione naturale di taglio vegano e ideatore di un nuovo percorso nutrizionale denominato HND, Healthy Natural Diet».
Sei diventato vegano anche tu?
«Diciamo che sono tendente al veganesimo».
Oltre ai Rebel-Camp cosa fai?
«Faccio qualche consulenza per aziende del settore, come la Energiapura, azienda italiana di abbigliamento tecnico e da riposo, che da quest’anno sarà anche partner del nostro team Sovac (bici Trek, ndr), ma soprattutto pedalo e faccio la vita del corridore, che mi piacere ancora da pazzi».
Vivi a Montecarlo, terra di tantissimi corridori: con chi ti alleni di solito?
«Spessissimo esco con Niccolò Bonifazio, Oscar Gatto, Peter Sagan, ma anche con Philippe Gilbert».
Da uomo esperto di ciclismo, cosa ne pensi dell’idea di Andrea Tafi di provare a correre di nuovo la Parigi-Roubaix a 52 anni?
«È dura, soprattutto perché è da troppo tempo che è fuori dalle corse e poi, francamente, non so come possa fare a livello regolamentare: c’è qualcuno che è interessato ad ingaggiarlo? Non penso. In ogni caso, è chiaro che io non pongo limiti all’età».
Ti piace il ciclismo di oggi?
«Molto, anche se è cambiato tantissimo. Oggi c’è tanta ricerca, molta tecnologia, e le corse sono forse meno fantasiose e imprevedibili. Sono molto più controllate e quindi esasperate, però non si può dire che sia un brutto ciclismo. Il livello si è livellato verso l’alto: questo è pacifico».
A quando la prima corsa in Italia?
«Non lo so, ma ci stiamo dando da fare per avere qualche buon invito. Mi piacerebbe tantissimo tornare a correre sulle mie strade».
Se socchiudi per un attimo gli occhi, ti vedi senza bicicletta?
«No. Quando smetterò di fare le gare, in bicicletta ci andrò sempre: è troppo bello».
È più dura fare ancora il corridore ciclista o smettere di farlo?
«Smettere di farlo. Anche in questo bisogna essere dei fuoriclasse».
Pensi di aver avuto di più o di meno dal ciclismo?
«Ho avuto la bicicletta: ho avuto tanto. Tantissimo».
Sei felice?
«Adesso sono sereno, in perfetto equilibrio con me stesso. Sto bene, non potrei pretendere di più».