Peter SAGAN. 10 e lode. Straripante, dirompente ed esaltante. Peter è tutto. Sembra giocare sui pedali, e con gli avversari. Saltella qua e là con assoluta facilità e lucidità. Tutto elementare, per lui che ha cominciato a fare l’università ai tempi dell’asilo. Per lui che oggi corre per divertirsi e diverte come pochi sanno fare. Punta l’obiettivo e lo centra con lucidità e freddezza. Non fa una piega, neanche il suo volto sotto sforzo, che sembra sereno e sorridente, come i bimbi in gita. Dietro, alle sue spalle, c’è chi vive la sconfitta con sofferenza e dolore. Sono i battuti. Lui, invece, batte sempre tutti. Fa paura e fa novanta: come le maglie verdi. Nessuno come lui nella storia di questa maglia. Nessuno è come lui.
Sonny COLBRELLI. 9. Parte fin dal mattino con la libertà di fare la corsa. Il bresciano ha la libera uscita e lui se la prende senza prendersela comoda. Non va in giro a fare lo stupendo, ma prova a fare una volata superba, per dirla con i francesi. Ci arriva quasi, ma c’è quello là, Peter il folletto, che gli fa scoppiare le gambe, prima di scoppiare in un applauso. «Lui è Sagan, mica è Colbrelli…». Applausi anche a questo ragazzo, che sta dimostrando in mondovisione di avere la statura per stare da par suo al fianco di questi mostri sacri.
Philippe GILBERT. 6. Parte forse troppo presto, prova a guadagnare spazio, ma non ce la fa. Insegue un sogno giallo, ma vede nero. Gli si annebbia la vista e le gambe si fanno piombo.
Alejandro VALVERDE. 6,5. Resta lì, senza dannarsi l’anima. Lui vuol fare un grande Tour, non vincere tappe che sembrano classiche, anche perché lui di classiche ne ha una collezione. Si risparmia? Per me si.
Julian ALAPHILIPPE. 5,5. Al pari di Gilbert aveva nel mirino la maglia gialla, ma è lui che viene impallinato.
Daniel MARTIN. 6,5. Resta nelle zone alte della classifica, senza strafare, senza chiedere nulla ad un tappa che poteva dargli poco.
Andrea PASQUALON. 7,5. Altro piazzamento nei dieci, ed è il terzo. Oggi 9°, su un traguardo tutt’altro che facile, tutt’altro che semplice. Si sta prendendo delle belle soddisfazioni questo ragazzo veneto che molti team hanno bellamente ignorato in questi anni.
Vincenzo NIBALI. 7. Non è un traguardo adatto allo Squalo. Non ha mai amato questi strappi mozzafiato e spaccagambe, ma il siciliano si fa trovare in rampa di lancio in buonissima posizione e chiude nella top ten. Resta nelle zone alte, per non perdere l’abitudine.
Sylvain CHAVANEL. 7. La battaglia per la fuga dura appena 5 km. Al momento il dato è consolidato: le fughe, come al Giro, vanno via immediatamente. Oggi bastano pochi chilometri, e il gioco è fatto. Sylvain, 39 anni e 18 Tour sul groppone, va ancora all’attacco: c’è da riscrivere un po’ di storia. Prende con il compagno di squadra alla Direct Energie Calmejane, Skujins della Trek Segafredo, Gesbert della Fortuneo Samsic, De Buyst della Lotto Soudal, Edet della Cofidis e Vermote della Dimension Data. Vive alla giornata: stando in fuga tutto il giorno.
Lawson CRADDOCK. 8. Il texano, con il dorsale numero 13 (rigorosamente capovolto), naviga in fondo al gruppo. Aggrappato al manubrio, con la fatica e la sofferenza dipinta sul volto. Spinge più di braccia che di gambe, ma il ragazzo di Houston ha un problema, ma non cede (ultimo a 20’56”). Testa dura e cuore d’oro: pedala per raccogliere fondi per il suo velodromo. Si sta facendo un fondo così e avanti di questo passo glielo intitoleranno.
CADUTE. 4. Non se ne può davvero più, non delle cadute, ma dei commenti sulle cause di queste continue “debacle”, che ci sono sempre state, anche quando i corridori in gruppo erano 120, e percorrevano i primi 150 chilometri ad andature turistica, fin quando l’elicottero della tivù non sorvolava le teste dei corridori. Perché si cade? Per la pressione che vivono i corridori, per la pressione delle gomme, per i freni tradizionali, per quelli a disco che sono ancora pochi, per la strade strette, per le buche, per le cunette, per le rotonde che sono più larghe della Provincia Granda, per la posta in palio. E basta che ne cada uno per farne cadere cento. Si cade, punto. E si cadrà ancora. E ci saranno sempre quelli che diranno sicuri che «ai nostri tempi non si cadeva…». Sì, come no. Il rimedio? Stare avanti, diamine! Sempre avanti! Tutti avanti! Peccato che in questi giorni, anche oggi, le cadute sono state generate proprio nella parte alta del gruppo. Quindi, altra indicazione importante: per non cadere, evitate di cadere o stare nei pressi di chi sta cadendo. Che poi fa pari con quanto mi ripeteva il mio direttore sportivo prima di una gara. Oggi volata. E per fare una buona volata, state sempre davanti a tutti fin dopo il traguardo. Erano indicazioni importanti.