Quando un gruppo di ragazzi si dava arie da corridori, maglie di lana e bici da corsa, però Aldo Moser si univa a loro e, con la sua bici normale, li staccava in salita. Finché quel gruppo di ragazzi, dopo un rapido esame di coscienza, capì che forse era meglio se a correre, più di loro, fosse proprio Aldo. Gli amici di Aldo, e Aldo, gareggiavano per il Montecorona di Palù, una polisportiva, atletica, pallavolo, bocce, tamburello e anche ciclismo.
La prima volta fu a Volano, vicino a Rovereto, una trentina di chilometri da Palù. Non preoccuparti, dissero gli amici di Aldo a Aldo, tu risparmiati, non pedalare, ti spingiamo noi. E un po’ lo spinsero veramente. Aldo aveva scarpe e pantaloncini in prestito, una maglia qualsiasi e un basco nero in testa. A Volano, prima della partenza, si fermarono sotto un noce e mangiarono pane e mortadella. Poi il pronti-via. Il favoritissimo era un certo Zago, bolzanino. Ma ogni volta che Zago attaccava, Aldo rispondeva. Finché Zago si piantò e Aldo lo superò e vinse. Prima corsa e prima vittoria. Era il 1951 e un mese dopo nacque l’ennesimo fratellino di Aldo: Francesco.
Quando, la domenica dopo, ci fu una nuova corsa. Zago si ripresentò, perché voleva riscattare l’imprevista sconfitta. E si ripresentò anche Aldo Moser, che ci aveva già preso gusto. In palio c’era un orologio. A Zago sembrava interessare più la vittoria che l’orologio, a Aldo più l’orologio che la vittoria. Strada facendo, Zago promise a Aldo l’orologio se lo avesse lasciato vincere, Aldo ci pensò su un attimo e poi disse di sì. Zago vinse corsa e orologio, ma non consegnò mai l’orologio a Aldo.
Quando Vittorio Broccardo andò da Aldo Moser e gli disse che c’era una bella corsa, la Bologna-Raticosa, e gli propose di farla. Aldo stava lavorando nei campi, a forza di zappa, ci pensò su un attimo, poi disse – è sempre stato un uomo di poche parole – perché no, e non si sa bene se ci fosse o non ci fosse il punto interrogativo, comunque ci andarono e Aldo vinse per distacco.
Quando Romano Nichelatti correva, allievo e poi dilettante, una mezza idea di tentare la carriera da professionista gli era anche venuta, ma un giorno si convinse che non era proprio possibile: “Dovrei sputare l’anima per tentare di battere uno come Francesco, meglio che l’anima la tenga per me”. Quel Francesco era Moser.
Favole di biciclette, storie di ciclismo: ascoltate e tramandate al Giro d’Italia Under 23. Grazie – in ordine alfabetico - a Nino Marconi, Diego Moser e Romano Nichelatti.
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