«Potrei essere il papà di Ganna, è vero...» risponde divertito alla nostra provocazione. «Però il ciclismo mi diverte ancora molto. Gareggiare per me non è un obbligo o una necessità, ma una passione. Non mi pesa e, anzi, mi rende orgoglioso restare competitivo al passare delle stagioni e delle generazioni. Il passaporto dice che ho 41 anni, ma io me ne sento 30. Non è una questione di anagrafe, ma di attitudine e sensazioni. Questo sport è la mia vita, quando non pedalo guardo le gare in tv. Guarderò Filippo nelle classiche del nord».
Aspetterà che smetta Davide Rebellin per appendere la bici al chiodo e ottenere il primato di più vecchio in gruppo? «Magari (ride, ndr). Scherzi a parte, non mi pongo limiti. Finchè avrò piacere a gareggiare continuerò. Con la squadra stiamo facendo crescere tanti giovani colombiani, mi piace correre tanto quanto insegnare ai ragazzi promettenti».
E sulla tappa di oggi: «La salita è diventata più dura per i ventagli, è stata una tappa veloce e complicata. Quando Gonzalo Najar ha attaccato pensavo fosse presto e avremmo potuto riprenderlo, invece ha fatto una buona differenza. Sono contento delle mie sensazioni, ma chiaramente avrei preferito vincere che fare secondo». Si corre per quello, a qualsiasi età.
da San Juan, Giulia De Maio
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