WADA, UCI E QUEI CONTROLLI RETROATTIVI

POLITICA | 16/10/2016 | 12:58
È un argomento molto delicato quanto tecnico. Il nostro direttore l'ha affrontato nel suo ultimo editoriale di tuttoBICI di ottobre, Angelo Francini, grande appassionato e assoluto conoscitore di “cose” regolamentari, ha colto l'assist e ha approfondito l'argomento, che è tutt'altro che banale e secondario. Ecco l'intervento completo.


Premessa

La regolamentazione antidoping della WADA – World Anti-Doping Agency (AMA – Agence Mondial Antidopage) è composta dal Codice Antidoping (196 pagine), dai quattro Standard Internazionali (261 pagine), dall’Elenco delle sostanze proibite (9 pagine), dall’Elenco delle persone di supporto agli atleti squalificate (5 Pagine).
Un totale di 471 pagine che regolano la materia antidoping WADA che è la regolamentazione più temuta da tutti gli atleti ed addetti che operano nell’intero panorama sportivo mondiale. Regole che sovente determinano la fine della carriera di uno sportivo, sia esso atleta o addetto allo stesso, che non rispettando le finalità di un sport “pulito” contenuti nella predetta normativa  giustamente deve essere sanzionato a tutela della credibilità  del sistema sportivo.

Va sottolineato che la normativa WADA discende dalla “Convenzione contro il doping”, deliberata dai rappresentanti governativi di oltre 190 Stati il 16.11.1989 a Strasburgo, e ratificata in Italia con la Legge 29.11.1995 n. 522, e successivamente con la Legge 14.12.2000 n. 376.

In ambito ciclistico l’UCI ha adottato una propria regolamentazione antidoping denominata ADR - Anti-Doping Rules (o RADP - Règlement Antidopage): nelle premesse allo stesso l’UCI dichiara che l’ADR discende e rispetta quanto disposto dal Codice WADA.

Questi richiami si rendono necessari per capire che la normativa WADA deve trovare integrale applicazione nel mondo sportivo: quindi ogni Federazione internazionale ha l’obbligo di rispettarne i dettati nell’ambito di sua competenza, mentre ogni Paese è lasciato libero nella sua sovranità territoriale di stabilire ulteriori disposizioni a carico di coloro che vengono sanzionati nel mondo sportivo per problemi legati all’uso del doping.

Ma questo “rispetto” è effettivamente applicato dall’UCI?

Il Regolamento ADR dell’UCI

Tutti siamo a conoscenza che, in ambito UCI, i campioni prelevati agli atleti in occasione delle gare vengano nuovamente analizzati a distanza di diversi anni dalla prima analisi e che, in presenza di risultati anomali di quest’ultima analisi condotta con metodologie nuove o/e diverse dalla prima, vengano applicate sanzioni agli atleti (che in alcuni casi sono nel frattempo diventati ex-atleti) con la cancellazione di quel titolo o di quella vittoria conquistata ed assegnata parecchi anni prima.

A prescindere che questo aspetto, a mio parere, è una cosa ridicola e dannosa per il ciclismo: serve solo a modificare gli albi d’oro delle manifestazioni (internazionali e/o nazionali) non producendo alcun effetto sull’aspetto economico che il vincitore di quella gara ha sfruttato, finendo il favorire l’uso di sistemi di doping non ancora conosciuti e diventando propedeutico per la ricerca ed uso di nuove sistemi di doping che sfuggono ai controlli attuali. Quindi rivelandosi assolutamente contrari alle finalità della “lotta al doping” che dovrebbe garantire nell’immediato una pratica sportiva libera da questa piaga.

Sotto l’aspetto delle garanzie coloro che gestiscono e giudicano questa importante parte dello sport hanno il dovere di comportarsi in modo totalmente rispettoso di quelle norme stabilite dagli stessi regolamenti che usano ed applicano nei confronti di tutti gli sportivi sui quali ha influenza la loro azione.

Per quanto attiene ai tanto contestati “esami addizionali” l’UCI, applicando in modo unilaterale la normativa ADR che si è data, invia agli atleti interessati una raccomandata a.r. tramite il CADF - Cycling Anti-Doping Foundation della stessa UCI, a firma della direttrice Sig.ra ROSSI Francesca – dal seguente tenore:
Oggetto: Nuova analisi del campione B codice XX. Apertura, divisione e chiusura del campione B codice XX.
Egregio Signor XXXX,
La presente per informarla che il campione B codice XX da lei fornito nell'ambito di un controllo antidoping fuori competizione il XX sarà oggetto di un’analisi addizionale ai sensi dell'articolo 6.5.2 del Regolamento Anti-doping (ADR) dell’UCI.
Quale responsabile della procedura, la CADF, a nome della UCI, richiederà al laboratorio XX di aprire il suo campione B codice XX, prelevare la quantità necessaria per eseguire l'ulteriore analisi e richiudere la provetta B per la conservazione.

Una nota quasi identica, ove é modificato solo il riferimento al tipo di controllo, viene inviata anche quando il campione B si riferisce ad un controllo effettuato in competizione.

Vediamo cosa prevede l’art. 6.5.2 dell’ADR dell’UCI richiamato nella nota della CADF:

6.5.2 I campioni possono essere conservati e sottoposti in qualsiasi momento ad ulteriori analisi per le finalità dell'articolo 6.2 esclusivamente su indicazione della AMA-WADA o dell'UCI. La conservazione o l’ulteriore analisi di tutti i campioni su istruzione dell’AMA-WADA sarà a spese dell’AMA-WADA. Le ulteriori analisi dei campioni devono essere conformi ai requisiti degli Standard internazionali per i Laboratori e del Regolamento UCI per i controlli e le indagini.

La procedura in questione, adottata dalla CADF, è palesemente contraria a quanto stabilito nei Regolamenti antidoping dell’AMA e nel Regolamento ADR della stessa UCI.

La lettura delle 471 pagine della regolamentazione antidoping della WADA evidenzia, in un particolare articolo una piccola parolina: “PRIMA”, un avverbio temporale indeterminato, che impedisce la procedura seguita ed imposta dall’UCI.
L’articolo che lo vieta il 6.5 del Codice WADA che prevede quanto segue:
6.5 Analisi addizionate dei campioni

Ogni campione può essere sottoposto ad ulteriori analisi dall'Organizzazione antidoping responsabile della gestione dei risultati in qualsiasi momento prima che i risultati, dei campioni A e B (o il risultato del campione A quando è stato deciso di rinunciare all'analisi del campione B o che questa analisi non abbia luogo),siano stati comunicati dall'organizzazione antidoping allo sportivo come motivazione di una presunta violazione delle norme antidoping ai sensi dell'articolo 2.1.

La cosa strana è che la predetta regola WADA è richiamata anche dall’art nel Regolamento ADR dell’UCI:
6.5.1 Ogni campione può essere sottoposto ad ulteriori analisi dall’UCI in qualsiasi momento prima che i risultati, dei campioni A e B (o il risultato del campione A quando è stato deciso di rinunciare all'analisi del campione B o che questa analisi non abbia luogo),siano stati comunicati dall'organizzazione antidoping allo sportivo come motivazione di una presunta violazione delle norme antidoping ai sensi dell'articolo 2.1.

Ed allora perché l’UCI sottopone ad analisi addizionali i campioni B dei corridori che detiene nei laboratori di cui si serve?
Semplicemente perché l’UCI, in qualità di organizzazione antidoping responsabile del controllo, omette di comunicare materialmente al ciclista il risultato dell’analisi effettuata sul campione B, come invece è stabilito dall’art. 6.5 del Codice WADA e dall’art. 6.5.1 dell’ADR/UCI.
Questa omissione della comunicazione si concretizza solamente nel caso di risultato negativo dell’analisi del campione A, poiché contrariamente nel caso di positività del campione A  all’atleta viene immediatamente notificata la contestazione dell’infrazione. Con tale stratagemma l’UCI si assicura in modo non regolamentare la facoltà di effettuare, a distanza di anni, analisi addizionali sui campioni B altrimenti non consentite dal combinato disposto degli art. 6.2 e 6.3 dell’ADR/UCI e quindi infliggere provvedimenti sportivi postumi su risultati già omologati.

Nel Regolamento UCI dello Sport Ciclistico, il Regolamento antidoping costituisce il Titolo XIV, e quindi anche ad esso si applica quanto previsto dal:
Titolo I – Organizzazione Generale dello Sport Ciclistico
Capitolo II – Gare
Sezione 1 – Disposizioni Amministrative
§ 5 Omologazione
1.2.024 Il risultato di ogni gara è omologato dalla Federazione Nazionale dell’organizzatore nei tempi più stretti possibili dopo il termine della gara.
1.2.025 Le Federazioni nazionali vigileranno per verificare l’assenza di qualsiasi motivo di possibile contestazione del risultato prima di omologare la stessa.
Quindi, almeno per quanto attiene i controlli effettuati nelle gare, si può ritenere che la comunicazione all’atleta sul piano formale sia sanata dalla pubblicazione dell’omologazione della gara stessa.

Diversa la situazione nel caso di un controllo fuori competizione ove l’organizzazione responsabile del controllo, sia l’UCI o sia la Federazione nazionale, non comunica al ciclista il risultato dell’analisi anche nel caso di negatività, come appare obbligata dall’art. 6.5 del Codice WADA e dall’art. 6.5.1 del Regolamento ADR/UCI.

Su questa materia vi è stato in passato un pronunciamento, promosso da un legale italiano, del TAS di Losanna: però in quel pronunciamento riguardante un altro sport non mi risulta sia stata considerata questa piccola regola esistente nei regolamenti di giustizia di tutte le Federazioni (internazionali e nazionali) relativa all’omologazione.

Un’altra assurdità della normativa antidoping UCI deriva dal fatto che il corridore di nazionalità A, tesserato per la federazione B (paese ove risiede) con una squadra affiliata alla federazione C (paese della società) se risulta positivo ad un controllo antidoping mentre compete per la sua squadra nazionale A sia giudicato dalla federazione B. E poco conta che nel paese A, corrispondente alla sua nazionalità per la quale ha corso, esista una Legge penale in materia di doping.

Ma sappiamo che l’antidoping ed il doping sono le braccia comandate da una stessa testa che fa soldi su quella degli atleti e che tanto questo problema riguarda solo l’attività dello sportivo: che come al solito è l’anello meno forte del panorama sportivo, specialmente quello ciclistico.

PS: vediamo quanti si ricorderanno dopo aver usato questo scritto ….
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COMMENTI
Il ladro che giudica se stesso...
16 ottobre 2016 14:24 Luisito-Cornale
Il doping e l\'anti-doping sono stati in anni passati il \"ladro che controlla se stesso\" con un circolo vizioso dove tutti guadagnavano dopando i corridori!!!
Se non cambiera qualcosa di drastico come affidare completamente i controllo ad agenzia autonome, diverse e soprattutto avere un RICAMBIO di tutta quella gente (DS, Allenatori, Medici...) che da anni frequentano malavitosamente questi ambienti (Dopatori o Ex corridori dopati) FORSE si potrá cambiare qualcosa di drastico anche al livello di Grandi Giri....qualcosa è già cambiata in tappe e qualche classica, ma si può fare MOLTO MEGLIO!

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