Con un volo lungo 100 chilometri Tadej Pogacar è salito sul tetto del mondo e per un anno sarà lui ad indossare la maglia bianca con l’arcobaleno sul petto. I suoi avversari lo hanno preso per un attacco suicida, come quello di un kamikaze, mentre lui pensava di aver fatto solo... una cosa stupida.
«Non so quale sia la parola giusta per descrivere quello che ho fatto. Mi sentivo abbastanza bene in quel momento, ma in effetti non era un piano. E’ stato più come quando ti accorgi di aver fatto una cosa stupida. Appena me ne sono andato, mi è passato per la mente anche questo pensiero: adesso posso anche piantarmi una pallottola in entrambe le ginocchia. Finché non ho visto Jan Tratnik davanti a me che mi ha dato coraggio. È stato fondamentale il suo aiuto. Il divario rispetto al gruppo di testa era piuttosto ampio e sono stato felicissimo quando ho visto che mi stava aspettando. Jan è una macchina, un ciclista forte ed esperto che può andare veloce. Sapevo che i belgi avrebbero cercato di colmare il divario molto rapidamente. Ma Jan mi ha dato la speranza e la motivazione per continuare a correre veloce».
E’ difficile capire cosa passa nella testa di un corridore quando è impegnato in una gara importante, in particolare quando è il favorito per la vittoria. Pogacar ha quindi cercato di spiegare, quali fossero i suoi pensieri durante la corsa.
«Quando fai azioni come quella che ho fatto io, in realtà è come se non fossi tu a deciderlo. Ecco perché è come fare una cosa stupida. Non ci pensi. Ti viene in mente, lo fai e basta. Solo quando le cose vanno bene allora quello che hai fatto non è più stupido».
Pogacar è un corridore straordinario e non ha sentito la pressione della gara, neanche la mattina prima della partenza, tanto da essere svegliato dalla fidanzata perché non sentiva le sveglie.
«Dovevamo alzarci abbastanza presto la mattina e non sono il tipo a cui piace farlo. Per non fare tardi avevo impostato tre sveglie. Ma quando è suonato il primo allarme, l'ho spento e mi sono riaddormentato. Urska la mia fidanzata mi ha svegliato. No, non avevo molto stress».
La gara è stata lunga e impegnativa e anche Pogacar negli ultimi chilometri era stanco, ma è riuscito a resistere mantenendo il suo vantaggio.
«Alla fine ero molto stanco. Ero esausto e non riuscivo più a stare in piedi sui pedali. Per tutto il tempo ho avuto un solo pensiero: andare avanti e non arrendermi e questo ha dato i suoi frutti».
Il Mondiale è una corsa importante e per Pogacar questa è la realizzazione di un sogno e in più, ha conquistato il primo Mondiale per la Slovenia. «In assoluto questa è una delle mie vittorie più emozionanti della mia carriera. Già nell'ultimo chilometro tutto sembrava completamente incredibilmente folle. E anche dopo, quando i miei compagni sono venuti da me per festeggiare, quando ho visto Urska, anche durante le interviste televisive, tutto era folle. Stavo quasi per piangere durante ogni intervista».
La maglia di campione del mondo è il sogno di ogni corridore. Ogni atleta, fin da bambino sogna di diventare il più forte di tutti. Pogacar, ha ottenuto tanti successi in carriera, ma adesso ha realizzato questo sogno.
«Questo è più di un sogno diventato realtà. Da bambino non osavo nemmeno pensare alla maglia iridata. Essere il vincitore del Tour o del Mondiale, era tutto ciò che sognavo. Solo negli ultimi anni la situazione è cambiata. Ma visto che il Tour, il Giro d’Italia o il Giro delle Fiandre erano sempre il grande obiettivo, il Mondiale spesso era solo l'ennesima corsa dell'anno. Un giorno, ho poi deciso che volevo davvero fare le cose per bene. Quest'anno è stata l'occasione perfetta. Un bel percorso, un bellissimo anno, una buona preparazione. Ed ecco che tutto ha funzionato. Non vedo l’ora di gareggiare presto con questa maglia sulle spalle».
La stagione di Pogacar ancora non è finita e tra pochi giorni verrà a correre in Italia - Giro dell'Emilia, Tre Valli Varesine e Il Lomb ardia nel suo programma - dove finalmente potrà sfoggiare la sua maglia arcobaleno.