Biniam – il nome dell’eritreo Girmay – è un nome ebraico, biblico, l’equivalente del nostro Beniamino. Significa “figlio della destra”, simbolo di onore, potere, benedizione.
Scorrendo la lista dei partenti al Tour de France, si nota come sia alta la percentuale dei nomi italiani all’estero: Fabio per l’olandese Jakobsen, Matteo per il francese Vercher e lo statunitense Jorgenson, Gianni per il belga Vermeersch, Nico per il tedesco Denz, Bruno per il francese Armirail.
Il ceco Hirt e lo sloveno Tratnik (Jan), l’australiano Hindley (Jai), l’irlandese Bennett (Sam), il britannico Turner e l’irlandese Healy (Ben), i belgi Declercq e Wellens (Tim), lo spagnolo Izagirre (Ion) e il lussemburghese Jungels (Bob) nonché il portoghese Costa (Rui) condividono il primato del nome più breve, tre lettere, ma in alcuni casi quei nomi sanno tanto di diminutivo, e allora non vale. Invece il nome più lungo, Christopher, 11 lettere, appartiene al danese Juul-Jensen, che ha pure l’aggravante del doppio cognome. A meno di non considerare e contare il doppio nome del norvegese Johannessen, Tobias Halland, una lettera in più dei due nomi di un altro norvegese, Eiking, che all’anagrafe risulta Odd Christian.
Il nome più positivo spetta all’austriaco Gall (Felix), il nome più musicale forse all’olandese Groenewegen (Dylan), il nome più premiato al britannico Onley (Oscar).
Nella storia del ciclismo, il nome più ciclistico fu imposto nella famiglia Bui, da Sinalunga, in provincia di Siena, composta da cinque sorelle e tre fratelli, totale otto. La prima della serie fu battezzata Idris. Poi vennero Idriana, Idria e Idrio, il primo maschio, che sarebbe stato gregario di Fausto Coppi nella Vuelta del 1959. Poi arrivarono Iva, Ivo e Impero. Per l’ultimo fu scelto il nome, anzi, il cognome di un primo: Brunero, Giovanni Brunero, che vinse il Giro d’Italia nel 1921, 1922 e 1926. Non risulta che Brunero Bui abbia mai corso.
Chi invece ha corso, anche da professionista, è stato Girardengo Bernardini, Girardengo di nome, Bernardini di cognome, toscano di Abbadia di Montepulciano. Il 16 gennaio 1928, in casa Bernardini, dopo due femmine, nacque un maschio. Cedendo a una tentazione irresistibile e a una passione sfrenata, Rizzieri Bernardini, carrettiere, poi ferroviere, addetto a un passaggio a livello, impose quell’originale nome di battesimo in omaggio a Costante Girardengo, il primo campionissimo della storia, vincitore di cinque Milano-Sanremo, cinque XX Settembre, tre Giri di Lombardia, due Giri d’Italia più 30 tappe, una Gran Fondo e soprattutto il Gran Premio Wolber, che era una specie di campionato del mondo prima che fosse istituito.
Il bello è che alla fine del 1951 Girardengo Bernardini fu convocato a Milano, in occasione della Fiera del ciclo e del motociclo, proprio da Costante Girardengo, per correre in una squadra che si chiamava Girardengo. Vittorie zero, Girardengo Bernardini, ma mille avventure. Da gregario, il suo compito era stare vicino al capitano, il belga Rik Van Steenbergen. A insegnargli il mestiere, chi meglio di Costante? “Mangiate panini”, ordinava. “Panini anche soli, senza niente, perché se bevi senza mangiare, non arrivi”, spiegava. “Chi beve parecchio, è perché non sta bene”, rivelava. Girardengo Bernardini si vantava di due cose: mai preso cotte e mai caduto. Una volta, però, sbandò. Un giorno, su un treno, in un vagone di prima classe, una donna gli chiese dove si trovassero. Lui guardò fuori dal finestrino, vide un cartello e le rispose: “A Chlorodont”. Pensava che fosse una località. Invece era la pubblicità di un dentifricio.
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