Non solo storie di campioni, al Giro d'Italia, ma anche quelle di ragazzi che sono in corsa ma la vivono in modo davvero particolare. Come Nadav Raisberg, ventitreenne ciclista della Israel Premier Tech. Per capire come possa vivere questo ragazzo basta leggere un quotidiano qualsiasi e ascoltare qualsivoglia notiziario: in quel mondo a parte che è il Giro d'Italia, basta guardare i mezzi della sua squadra, dai quali la parola Israel è sparita, come era accaduto già in occasione delle classiche, e lì attorno a sorvegliare ci sono sempre almeno due macchine della Polizia.
La storia di Nadav Raisberg l'ha raccontata ieri su Repubblica Cosimo Cito che ha realizzato un'interessante intervista con il giovane israeliano, 23 anni compiuti il 29 marzo, al primo grande giro della sua carriera. Ve ne proponiamo i passaggi più interessanti.
«Sono nato negli Stati Uniti ma sono cresciuto a Dafna, un kibbutz immerso nella lantura al confine tra Israele e Libano. Perché il ciclismo? Mio padre aveva questa passione e mi ha spinto a pedalare con lui. Ad ispirarmi è stata la storia di Guy Niv, il primo israeliano capace di portare a termine Giro e Tour. L'ho seguito nel primo anno in cui ho militato nel nostro team di sviluppo».
Ovviamente le sensazioni forti sono legate alla drammatica attualità della guerra: «Negli ultimi sette mesi ho vissuto emozioni profonde: per il nostro popolo l’attacco di Hamas durante il rave nel deserto del Negev è stato un enorme shock, il giorno peggiore vissuto dal nostro popolo dalla fine della Seconda guerra mondiale. Mi rattrista molto che da troppe parti venga ignorato il fatto che sia stata Hamas ad aver lanciato questo attacco contro di noi israeliani, e ciò ha avuto la conseguenza di portare miseria e morte anche al popolo di Gaza, la loro stessa gente».
E ancora: «Spero solo che questa sofferenza finisca. Credo ancora nella pace e spero che arrivi il giorno in cui entrambi i popoli riusciranno a trovarla e a convivere pacificamente. Le proteste contro di noi? Credo nel diritto di ogni persona a poter esprimere le proprie opinioni purché lo faccia pacificamente e legalmente. Ho fiducia nell’apparato di sicurezza italiano e negli organizzatori del Giro, spero che tutti possano correre in modo pacifico e sicuro fino alla fine».
C'è spazio anche per parole importanti dedicate all'Italia: «Mi commuove la storia di Gino Bartali e il fatto che lui, non ebreo, abbia rischiato la vita per salvare
tanti ebrei durante la guerra. Qui al Giro spero di avere un'occasione per mettermi in mostra, magari domani nella tappa degli sterrati. Ho corso Strade Bianche e Roubaix quest’anno, due gare durissime, ma mi sono divertito e sento di avere le caratteristiche per poter diventare competitivo in corse così».
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