Caleb Ewan è probabilmente nel momento più complicato della sua carriera. Lui che è stato negli ultimi 7-8 anni uno dei velocisti di riferimento del gruppo, con 60 vittorie all’attivo, nell’ultimo anno ha vinto solo una volta. Ecco perché è tornato a casa, alla Jayco AlUla dove è diventato grande, per provare a ritrovare il missile che è in lui. Ewan, che corre Muscat Classic e Tour of Oman, ha resettato tutto e si è posto nuovi obiettivi, ma è anche tornato sui difficili ultimi mesi.
Caleb, è previsto un solo arrivo allo sprint questa settimana. Come mai la trasferta in Oman?
«C’è un solo sprint, è vero. Potrebbe non sembrare ideale, ma se guardo al quadro generale di quello che deve venire è un buon banco di prova. Ci sono Tirreno-Adriatico e Milano-Sanremo dove voglio farmi trovare pronto, qui in Oman proverò a fare una buona volata il primo giorno e poi affinare la condizione nel resto delle tappe».
Pensi ancora a quel doppio podio alla Sanremo, nel 2018 e 2021?
«Nelle edizioni in cui sono arrivato secondo c’è poco che posso rimproverarmi, perché è sempre arrivato un corridore in solitaria davanti. Quest’anno avrò una squadra più forte al mio fianco, a partire da Michael Matthews, che quasi sicuramente riuscirà a superare il Poggio indenne. Essere in due nel finale sarebbe la condizione perfetta per affrontare il finale, Michael potrebbe aiutarmi e io potrei fare lo stesso».
Possibilità che si concluda in volata?
«Con i corridori che ci sono adesso è sempre più difficile vincere, senza dubbio. Se restassimo tutti assieme sul Poggio poi potrei batterli allo sprint, ma non sai mai cosa può succedere in 300 km di corsa. A volte arrivi sul Poggio e ti senti benissimo, altre volte sei completamente cotto».
Pensare che una volta era la Monumento dei velocisti…
«Non penso lo sia più. Sinceramente non mi ricordo nemmeno più l’ultima volta che si è arrivati in volata. Ogni anno diventa sempre più dura a causa di corridori come Van der Poel, che scattano in salita ma sanno anche fare le volate. L’unica cosa che posso fare personalmente è cercare di superare il Poggio e tenere qualche energia per un’eventuale volata. Ma sarà dura».
Come hanno accolto il tuo ritorno a casa in Jayco AlUla?
«È bello essere tornato. L’esperienza in Belgio è stata formativa, ma qui mi sento a casa, respiro la mia stessa cultura, parlano la mia stessa lingua e hanno lo stesso senso dell’umorismo. Ritornare non è come cambiare totalmente squadra, la transizione è stata rapida e positiva».
Riparti dopo due stagioni complicate…
«Sono stati due anni abbastanza mediocri. Sono qui per ritrovare quelle sensazioni e quel feeling con la vittoria che mi sono mancate ultimamente. Quando l’avrò fatto tutto diventerà più facile. La squadra crede in me e io spero di sbloccarmi o qui o alla Tirreno per cominciare al meglio questo percorso».
Cosa non ha funzionato con la Lotto Dstny?
«Avevano altissime aspettative su di me e io non sono riuscito a ripagarle in pieno. Hanno perso fiducia in quello che potevo fare e per me è diventato difficile riuscire a performare, anche perché per farlo hai bisogno di una squadra e dei compagni che credano in te. Credo ci siano stati errori sia da una parte che dall'altra. Alla fine le cose non funzionavano più e l’unica soluzione era separarsi. Succede in qualsiasi sport e stavolta è capitato anche a me».
Nel calendario 2024 non è in programma il Tour de France.
«No, ma è importante avere bene in testa fin dall’inizio quali sono i tuoi obiettivi stagionali, e qui li ho. Avrò l’opportunità, finalmente, di correre il Giro d’Italia fino alla fine, di non dovermi ritirare per preparare il Tour de France, e questo mi rende felice. Sarà un calendario diverso dal solito, ma mi piace».
Come prosegue l’assemblaggio del treno per le volate?
«Avrò a disposizione almeno un paio di ragazzi. Ovviamente c’è da lavorare, c’è da affinare quella sintonia che si può trovare solo col tempo, ma sono sicuro che una volta aggiustati un po’ di meccanismi tutto diventerà più facile. Da parte mia sto cercando di capire come i miei compagni si muovono in gruppo, se si inseriscono tra un corridore e un altro se vedono un varco, quando sono al limite ecc.. All’inizio ci si parla molto, poi col passare delle corse certe cose diventano automatiche. E poi è importante avere un buon feeling anche fuori dalla corse. Se siamo amici, sono sicuro che daranno il 110% per me».
Hai notato un modo diverso di fare le volate negli ultimi tempi?
«Il livello generale si è alzato. Qualche anno fa c’erano 2-3 velocisti che vincevano quasi tutto, ora siamo in tanti. Basta vedere l’ultimo Giro, in 7 volate hanno vinto 7 corridori diversi. Ogni sprint devi sudartelo perché sai che a ruota hai sempre qualche ragazzo rapido: se parti troppo presto vieni saltato, se parti troppo tardi non riesci a rimontare. Per vincere, oggi, bisogna essere perfetti».
Come si riacquisisce sicurezza nei propri mezzi?
«Fino all’anno scorso avevo la percezione che la mia carriera fosse un continuo “in crescendo”, invece ora ha subito una battuta d’arresto. Io mi sento bene, i numeri sono migliori rispetto a qualche anno fa, ma questo conta fino a un certo punto perché lo sport è cambiato. L’anno scorso al Tour ho fatto secondo e terzo di tappa, il che significa che non sono lontano da dove voglio essere, anche se ovviamente alla squadra importavano poco quei piazzamenti. Siamo velocisti e dobbiamo vincere. Ma continuando a lavorare sento di potercela ancora fare».
È più difficile gestire la pressione col passare degli anni?
«Ora ho una pressione diversa, ma l’ho sempre avuta. Se fai una grande stagione, devi riuscire a ripeterti, se invece va male, devi subito rialzarti, ed è quella che ho io quest’anno. La pressione, da una parte o dall’altra, ce l’hai sempre».
Sei nell’anno dei 30, quanto a lungo ti vedi in gruppo?
«Sto invecchiando, è innegabile. Sono senz’altro ben oltre la metà della mia carriera, perché non mi vedo correre altri 10 anni. Però è difficile darsi una scadenza. Sono in una situazione che, se dovessero andarmi male i prossimi due anni, la mia carriera è finita. Spero però di avere ancora la forza e le qualità per vincere un po’ di corse, e magari ritirarmi a 35-36 anni».