Dice non aver mai vinto e che una vittoria gli manca, ma in bicicletta. Perché Luca Maggia ha vinto eccome! Una vittoria netta ma faticosa, ottenuta con determinazione e volontà, anche se in più di un’occasione Luca ha avuto paura di non farcela, perché certe gare sono bastarde, altro che Strade Bianche o Roubaix. Altro che Mortirolo o Zoncolan. In certi momenti le forze venivano meno e il buio era l’unica luce possibile. Poi però la voglia di fare ancora una pedalata e poi un’altra ancora, provando a lasciarsi indietro una storia fatta di dolore e sofferenza sorretta però sempre da una speranza: guarire.
Luca non ha mai vinto in bicicletta, ma ha vinto. E che vittoria! Che gioia! Per lui, per mamma Paola e papà Paolo e per le sue due Chiare: sua sorella e il suo giovane amore. Ha vinto Luca, in un letto di ospedale, quello dell’Humanitas di Rozzano, dove ha combattuto da par suo non contro Philippe Gilbert, il corridore per il quale nutre da sempre un’ammirazione infinita e nemmeno contro l’idolo di oggi, Mathieu Van der Poel, ma contro il linfoma di Burkitt, un tumore tostissimo che colpisce gli organi del sistema linfatico.
Ha vinto Luca, grazie ad un team tenace quanto il suo male, composta da medici-scienziati che hanno costituito la squadra più solida e bella del mondo, quella capitanata dal professor Stella, dal dottor Bagnoli e la dottoressa Ricci, oltre che ad uno staff sanitario di prim'ordine. «Sono stati i miei angeli custodi, che assieme alla mia famiglia hanno costituito una squadra pazzesca – ci racconta oggi Luca, 19 anni, biellese di Gaglianico pronto a partire con i ragazzi della Biesse Carrera per il ritiro di Calpe -. Non è stato facile, ma è stato possibile. Grazie a cure di prim'ordine, grazie ad una competenza pazzesca, grazie all’amore di chi mi vuole bene, quello della mia famiglia e di quella famiglia allargata che è anche casualmente la mia squadra: la Biesse Carrera. Grazie a Marco Milesi, grazie a Dario Nicoletti, grazie a Bruno Bindoni e Roberto Bicelli, i quali mi sono sempre stati vicino».
Luca, tutte le vittorie che arriveranno da oggi in poi non avranno mai la forza di questa.
«Lo credo anch’io. Ho superato un momento davvero difficile, ma ora è alle spalle».
Pronto a tornare in sella?
«Prontissimo. Ora i valori del sangue sono perfetti e dopo mesi di palestra, sono pronto a rimontare sulla mia bicicletta».
Quando hai cominciato a correre?
«Da giovanissimo (G3) e ho fatto tutta la trafila fino alla categoria allievi con la maglia rossonerobianco della Ucab Biella, poi da juniores con quella della Energy Team».
Hai sempre amato la bicicletta?
«Sì, è il mio grande amore, lo sport che ha praticato anche mio papà, sia da dilettante che da amatore (è architetto e oggi è sindaco di Gaglianico, dove la famiglia Maggia vive, ndr). Se seguo altri sport? No, per me essiste solo il ciclismo».
Che scuola frequenti?
«Il quinto anno del Liceo Scientifico a indirizzo sportivo».
Quest’anno c’è anche la maturità…
«Sarà una passeggiata, dopo quello che ho dovuto affrontare in questi mesi».
Quando hai scoperto di essere malato?
«Lo scorso anno avevo iniziato regolarmente la stagione, anche se sentivo di avere qualcosa che non andava. Ad un certo punto ho cominciato ad avvertire sempre più chiaramente una massa nell’addome, che mi rendeva difficile anche la digestione, una notte, dopo esser stato molto male, mamma (che lavora alla dogana di Biella, ndr) mi ha portato al volo all’ospedale e lì ci hanno detto che avevo un linfoma molto aggressivo».
Quale è stato il primo pensiero?
«All’inizio mi sentivo un leone, ho avuto una reazione da corridore: adesso spacco tutto e vi faccio vedere io come si fa. Poi la malattia e le cure molto toste, mi hanno messo in ginocchio e a nudo. Non è stato facile per niente. Non le nascondo che ho attraversato momenti durissimi, di grande sconforto e paura. Non sa le notti insonni, l’ansia e le domande: perché a me? Ce la farò? Perché arrecare a chi mi ama tutto questo dolore? Non è giusto… I primi due mesi sono stati per così dire i più semplici, poi sono finito davvero in un tunnel».
Poi la luce.
«Il 28 novembre scorso, dopo un’altra sessione di esami. Lo vedo ancora entrare nella mia stanza il dottor Bagnoli, il quale mi dice serafico: “i tuoi esami sono tutti perfetti, sei guarito! Ora vai a casa e qui non farti più vedere!”. Non le dico la gioia. Dopo tanta sofferenza le parole più medicamentose che potesse donarmi».
Adesso c’è da recuperare il gruppo…
«Ma la strada, anche quando sarà salita dura e arcigna, sarà tutta una discesa. Con il numero sulla schiena e in sella alla mia Carrera non ci saranno mai sconfitte, non ci sarà mai rabbia per un risultato non raggiunto, saranno solo l’intervallo che mi separerà da una nuova corsa. Con il vento in faccia la vita è una carezza e il sudore una benedizione».
Ciclisticamente parlando cosa chiedi a te stesso?
«Di migliorare, giorno per giorno».
Un messaggio.
«Anche se ci sono momenti terribili, credeteci sempre».
Questa esperienza ti ha insegnato qualcosa?
«Non dirò mai che è stata un’opportunità o una fortuna. Adesso come adesso non ci trovo niente di positivo. Posso solo dire che mi sono scoperto forte, più forte di quanto pensassi e questa esperienza ha portato alla luce parte di me che non conoscevo».