Il Tour del 2023, dunque, il Tour clamoroso dei così pochi italiani al via, finalmente riporta alla ribalta strarimeritata il Tour del 1983…Pure quello così avaro di italiani, vinto nettamente da Laurent Fignon, ma caro a noi già per l’esubero degli olandesi tra Peter Winnen e Bert Oosterbosch, e in assoluto incredibilmente dolce nel ricordo per un ciclismo pure semplicemente powered by Italy. Per l’exploit, concessione all’intercalare dei francesi, di quella memorabile Metauromobili Pinarello di Mauro Battaglini, amico toscano di cuore e sentimenti profondi. Metauromobili Pinarello, e la passione di Battaglini per i suoi finisseur e per quel Lucien Van Impe, il belga capitano ancora scalatore scalpitante, il Tour del ‘76 vinto in bella vista, e una nuova estate di marchio italiano.
Riccardo Magrini, allora, per la Metauromobili, e forse era già genialmente irriverente con i pantaloncini originali trasgressivi all’ordine assoluto del colore allblack, lui quando vinse ad Oleron, alla settima tappa, in un felice contropiede. Chissà appunto se li indossava, Magrini… Ma prima di lui ancora Frits Pirard, un olandese non male, scuola Ti-Raleigh, che conquistò la prima frazione, a Creteil, anche lui da finisseur, beffando i velocisti tutti, Vanderaerden in maglia gialla incluso. Quel Frits Pirard, che era stato già secondo al Fiandre’vinto da Kuiper nel 1981.
Magrini e Pirard, Van Impe ancora miglior grimpeur, capelli biondi, la Metauromobili di Battaglini e Poggiali, una squadra italiana giusto con un paio di stranieri, fantasia, amici di base, al via.
Spiegateci voi il perché, amici da sempre, ma ci viene da dire che quello sì, quello sì che era il ciclismo. Ed era un Tour davvero.
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