Primoz ROGLIC. 10 e lode. Paperino batte paperino. La sfida era tra questi due ex ragazzi che nella loro carriera hanno dovuto superare ben più di una avversità. Il paperino sloveno deve superare anche un salto di catena sul più bello, quando era avviato ad un trionfo pazzesco, che lo rallenta, ma non lo ferma. Paperino ferma il cronometro con il tempo di 44’23” (media 25,145 km /h), ma nessuno riesce a fermarlo. Tre anni fa perse il Tour al penultimo atto, nella crono a La Planche des Belles Filles, oggi in parte si ripaga di una bruciante sconfitta. Vince il Giro, il suo quarto Grande Giro dopo le tre Vuelta. Paperino non sarà Gastone, ma questa sera la festa è tutta per lui.
Geraint THOMAS. 9. Perde il confronto diretto, con calma serafica, con una classe che gli è propria. Cambia la bici e si prende un tè, ma perde la rosa.
Joao ALMEIDA. 8. Per molti era fuori dai giochi, ma lui gioca, fino alla fine.
Damiano CARUSO. 8. Non vince la tappa, non vince il Giro, ma il ragazzo d’Italia non può rimproverarsi di nulla. Un Giro di rara attenzione, corso con grande intelligenza e modestia. Tiene alto il nostro movimento, lui nelle posizioni alte del Giro è inamovibile.
Thibaut PINOT. 8. Vince la maglia azzurra Mediolanum di migliore scalatore del Giro e legittima tutto con una prestazione di assoluto livello. Oggi non litiga con nessuno, neanche con la bicicletta.
Sepp KUSS. 10. Americani in stato di grazia, che lottano per un traguardo che vale. Sepp detta i tempi e la linea, prima di passarla al suo capitano: a Primoz Roglic. C’è da seguirlo, c’è da superarlo, c’è da fare meglio. Roglic lo farà. Ma Sepp, in questo Giro, cosa ha saputo fare per il suo capitano? Clonatelo.
Brandon MCNULTY. 8. L’americano vola e spazza via il suo compagno di squadra, Jay Vine, che per 3” porta via la leadership al bravissimo Riccitello. Ma Marlon Brandon McNulty è una saetta. Un tornado che vince ogni legge della fisica e di gravità: vola e plana al Santuario del Monte Lussari. Tempo da lasciare senza fiato: 45’30”, alla media di 24.527 km/h, ma alla fine è appena sufficiente per restare nella top ten di giornata.
Thymen ARENSMAN. 8. Il 23enne olandese studia per diventare grande, ma in questo Giro ha già fatto chiaramente cose grandissime.
Andreas LEKNESSUND. 8. Il norvegese conferma il suo splendido Giro, arricchito da cinque giorni in maglia rosa
Matthew RICCITELLO. 8. Prima dei grandi, il più giovane del Giro travolge Thomas Champions, rifilandogli 1’57”. L’americano col viso d’angelo alza e di molto l’asticella, abbassando vertiginosamente il tempo impiegato (46’19”, media 24,095 km/h) per affrontare i diciotto chilometri e seicento metri in programma. L’americanino chiude il secondo blocco al comando. A 1'57" Thomas Champion, a 1' 59" Joe Dombrowski. Alla fine è 11°, a 1’56” da Roglic, ma questo ragazzo ha stoffa da vendere. È lui per quanto mi riguarda la rivelazione di un Giro che deve rivelare. Ha gambe, recupero e tenuta. Ha soprattutto testa, tanta. Ha le stimmate di quei corridori che hanno qualcosa di diverso e di universale. Studia da campione.
Alessandro DE MARCHI. 7. Il rosso di Buja fa la sua passerella all’insù, tra la sua gente. Lievita e sale, per mostrare alla fine la bandiera del Friuli Venezia Giulia: un drappo blu di forma rettangolare con al centro un'aquila araldica d'oro con ali spiegate. Orgoglio De Marchi, orgoglio friulano.
Ben HEALY. 5. Prova a fare una crono degna delle sue aspettative, ma deve aspettare. Tramortito dal ben più giovane Riccitello: l’americano gli rifila più di due minuti.
Filippo ZANA. 7. Potrebbe tirare il fiato, invece tira. Fa una crono di livello, lui che a questo esercizio non è proprio portatissimo. Al suo fianco, però, ha uno come Marco Pinotti, l’ingegnere, che insegna, spiega e motiva. Filippo apprende, prende e mette in pratica. Filippo c’è.
Eddie DUNBAR. 5,5. Finisce con la spia rossa della riserva accesa.
Laurenz REX. 6. Sembra Tex, che impenna il suo destriero di carbonio. Il belga su quelle pendenze non fa il tempo, ma lo trova per fare un po’ di spettacolo.
Nicolas DALLA VALLE. 1. Gli ultimi saranno i primi, disse il Nostro Signore. Lo stesso vale per il ragazzo della Corratec Selle Italia, che ultimo del Giro lo è per davvero e per questo sarebbe una sorta di maglia nera virtuale, che però non esiste più, perché da tempo non è più politicamente corretta, esisteva quando il politicamente corretto non c’era ancora. Gli ultimi sono ultimi e nelle crono partono storicamente per primi. «L’unica gara – scrive Buzzati quasi evangelicamente – dove gli ultimi arrivano per primi e i primi arrivano per ultimi». Ognuno sfida sé stesso, e, per una volta, «i gregari (...) fanno i signori, non c’è pericolo che il principale chieda loro una ruota o li spedisca a comperare l’aranciata fresca».