A sentire le voci del Giro il pensiero è pressoché unanime: manca coraggio. Troppi tatticismi. Troppa paura. Eddy Merckx è stato fin troppo chiaro «Se vento e pioggia sono un problema, il ciclismo non è per voi». Tanti altri ex corridori la pensano così, soprattutto in un momento in cui il ciclismo è spettacolare da qualche anno. Al Tour l'agonismo è palpabile anche dalla televisione. Le ultime classiche del nord sono davanti agli occhi a tutti.
In ogni caso le parole stanno a zero e Paolo Savoldelli, cinquant'anni compiuti il 7 maggio scorso, vincitore di due Giri d'Italia (2002 e 2005), non è tenero. Ad Alessandra Giardini della Gazzetta dello Sport, alla domanda le piace questo Giro, lui è diretto come pochi. «No. Non è bello veder arrivare sempre la fuga. Qui i cosiddetti big non si muovono. Una volta c’è il vento, la volta dopo hanno paura di Evenepoel, insomma sulla Roncola erano uno di fianco all’altro. Io non capisco. Speriamo che non facciano così anche sul Bondone». Si è dato una spiegazione? lo incalza: «Evenepoel li ha ammazzati moralmente alla prima crono, d’accordo, ma non era mica scontato che vincesse lui. Quelli forti sono forti e sono attrezzati con le loro squadre, evidentemente pensano di poter aspettare il gran finale, cioè la cronoscalata. Ma sono i corridori immediatamente dietro a loro che non capisco, quelli medi: perché non fanno niente? Io ci proverei, al massimo prendi una bambola e salti per aria. Qual è l’alternativa? Rimanere a bagnomaria fino alla fine? Se sai che Thomas e Almeida ti staccheranno in salita, cosa aspetti?».