Aveva trent’anni quando gli dissero: “Lei ha il Parkinson”. Nessuno lo sapeva, lui non lo immaginava. Quella anomalia stava in un codice silente, segreto, misterioso, dentro il cuore, dentro i polmoni, dentro i nervi, finché sbucò, si affacciò e cominciò a tessere la sua ragnatela. Aveva trent’anni quando la vita gli si ritorse contro. Aveva trent’anni, quando decise che non avrebbe ceduto, non si sarebbe depresso, e che avrebbe lottato, che avrebbe pedalato.
“In bicicletta sono libero” è il racconto della vita di Simone Masotti, scritto con l’aiuto di Max Mauro e pubblicato da Ediciclo (144 pagine, 16 euro), illustrato dallo stesso Masotti con 12 acquerelli in bianco e nero, arricchito dalla postfazione di Christian Lettieri, specialista in neurologia. Dal pronti-via (il primo vagito, la prima bici, la prima impresa) al via-pronti (la bicicletta, ma anche il nuoto o il semplice – semplice mica tanto – cammino come terapia quotidiana, fisica e mentale, esistenziale e religiosa: il via come senso del dovere, il pronti che arriva, forse, solo strada facendo).
Il morbo di Parkinson (Masotti, “per comodità”, lo chiama Mr.Pk) è un inquilino antipatico, fastidioso, dispettoso, spietato, crudele, irresistibile, inguaribile. Non c’è modo di allontanarlo o cancellarlo. Bisogna imparare a sopportare, convivere, dialogare. Quella con Mr.Pk diventa una sfida, una lotta, un duello. Tutti i santi giorni. Mr.Pk che ti vuole pigro, svogliato, relegato su un divano. E tu, anche tu Simone Masotti, che reagisci, che ti ribelli, che ti alzi e cammini, nuoti, pedali. Se “la vita – lo sosteneva Albert Einstein – è come andare in bicicletta”, mai come in questo caso “per mantenere l’equilibrio devi muoverti”.
Masotti non smetterà di farlo, di provarci a farlo. Si sposa, marito, ha un figlio, padre, continua a lavorare, architetto, e a sognare, uomo. Fra test ed esami, fra farmaci e stimolazioni, fra ricoveri e operazioni, ecco la bicicletta. Da piccolo era stata una Graziella: rinforzata. Da ragazzino quella della nonna: modificata. Da ragazzo una mountain bike: complice. Poi a pedalata assistita: elettrica. “La bicicletta – scrive – è il mio bastone della vecchiaia, la vedo come il mio deambulatore. Tra l’altro, e non per caso, è il mezzo di trasporto che permette di spostarsi più velocemente con meno energie”, “Con la bicicletta, l’essere umano si sposta più efficientemente del cavallo, del piccione, e perfino del salmone”, “La bicicletta mi ha insegnato a non demordere, ad affrontare ogni crisi a testa alta, l’importante è stringere i denti e tenere duro, perché raggiungere la meta ripaga di tutte le fatiche”.
Di mete, Masotti se n’è poste. Anche la salita sul Matajur. Anche le isole del Quarnaro, in Croazia. Anche l’Eroica, l’Artica e la Vinaria. Anche la Ragbrai, la grande corsa ciclistica annuale attraverso lo Iowa, finanziata dalla fondazione di Davis Phinney, il campione statunitense anche lui accompagnato da Mr.Pk. E fra le mete, Masotti ne ha sempre una: non arrendersi, non rassegnarsi, ma sognare e pedalare. “L’importante – ci insegna – è saper accettare quello che riusciamo a fare, sapersi accontentare di quello che la vita può darci”. Con o anche senza Mr.Pk.
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