Una vita in gruppo. Potrebbe essere il titolo di un libro, ma soprattutto sono quattro parole che descrivono bene la carriera di Pietro Algeri. Nato il 2 ottobre 1950 a Torre de’ Roveri, nella Bergamasca, Algeri in questi anni ha “scritto” molti capitoli: è stato Campione del Mondo nell’inseguimento a squadre nel 1971 tra i dilettanti; ha corso tra i Professionisti tra il 1974 e il 1981; giovanissimo è salito in ammiraglia da dove ha guidato tanti campioni e importanti formazioni tra cui Del Tongo, Diana Colnago, Lampre e Mapei. Sceso dalle ammiraglie dei Team, negli ultimi anni è salito sulle vetture della Shimano e ha messo la sua esperienza e la sua opera al servizio di tutto il plotone assicurando assistenza neutrale a tutti i corridori. Sabato, a “Il Lombardia”, Pietro ha concluso anche questo capitolo della sua carriera ed è stato premiato da Mauro Vegni con la speciale maglia della corsa, applaudito dai vertici dell’azienda Shimano e da tutta la grande famiglia del ciclismo.
Pietro sabato il mondo del ciclismo otre a Nibali e Valverde ha festeggiato anche te. Ti sei emozionato?
«Moltissimo, non mi aspettavo una festa del genere. Oltretutto a Bergamo, dove andavo da ragazzino a lavorare come garzone di un negozio pedalando avanti e indietro da Torre de’ Roveri in sella alla bicicletta. Grazie a quelle pedalate è nato in me l’amore per la bici e per il ciclismo; la passione poi è aumentata, sono riuscito a farla diventare un lavoro e quando si ha la fortuna di lavorare facendo ciò che si ama è tutto più bello. Sabato quando sono salito sul palco le emozioni sono state tante, davvero. Sono grato al mondo del ciclismo per ciò che mi ha dato, ora avrò un po’ più di tempo libero».
Ma non smetterai di occuparti di ciclismo.
«No, assolutamente. Ridurrò gli impegni ma starò nel gruppo Shimano per fare formazione, insegnare il mestiere ai giovani che si avvicineranno al mondo della assistenza neutrale. Quello che la nostra squadra fa è un lavoro molto importante e in questi anni ho notato con estremo piacere che il team di servizio neutrale ai corridori gode di sempre maggiore considerazione, non è sempre stato così. Sono felice di aver dato il mio contributo».
Quali sono i ricordi più belli che hai della tua esperienza nel team di assistenza neutrale Shimano?
«Certamente le partecipazioni ai Mondiali di Innsbruck e Imola, seguire i campioni da vicino in un appuntamento importantissimo come quello iridato è molto bello».
Guardando alla tua carriera da atleta quali sono invece i momenti che porti nel cuore?
«Sono due. Il primo è il Campionato del Mondo dell’inseguimento a squadre vinto a Varese nel 1971 assieme a Bazzan, Borgognoni e Morbiato; l’altro è la partecipazione ai Giochi Olimpici di Monaco nel 1972».
E del capitolo da Direttore Sportivo, quali sono i momenti che ricordi con più piacere?
«Gli anni con Saronni, il suo Mondiale, il Giro di Lombardia 1982, la Sanremo e il Giro d’Italia ’83. Senza dimenticare le altre due vittorie che ho ottenuto al Giro assieme a Tonkov nel 1996 e con Simoni nel 2001».
Hai nominato tre grandi campioni. Usa una parola per descriverli.
«A Saronni abbinerei “classe”, la classe del grande campione. A Pavel accosto la parola “tenacia” e di Gibo mi ha sempre colpito l’umanità».
Ultima domanda. Come vedi il ciclismo di oggi?
«Mi piace. Credo che le corse stiano diventando un po’ più imprevedibili rispetto a qualche anno fa. Ci sono corridori che attaccano e si inventano sempre qualche cosa. Van der Poel, Van Aert e Evenepoel, solo per citarne alcuni, con i loro colpi di genio fanno appassionare la gente».
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