Un funerale. Quello che fece incrociare tre ragazzi, in macchina, con una ragazza, in carrozzina. E un temporale. Quello che spinse quella ragazza a sedersi, provare, gareggiare su una carrozzina da corsa. Scintilla, folgorazione, stella. Era rinata una ragazza. Ed era nata una stella.
“Il Rosso volante” era Eugenio Monti, fuoriclasse del bob. “La Rossa volante” è Francesca Porcellato, fuoriclasse in atletica, sci e ciclismo. Ed è lei la ragazza del funerale e del temporale, è lei che passò dalla carrozzina da strada a quella da corsa, è lei che oggi, a 52 anni, può finalmente guardarsi indietro e raccontare la propria storia, “La Rossa volante” (Baldini+Castoldi, 272 pagine, 18 euro) con Matteo Bursi e la prefazione di Giovanni Malagò.
Una forza della natura, Francesca. Ma anche una forza della testa, per la volontà e la concentrazione, e del cuore, per la tenacia e la determinazione. Una forza rafforzata da curiosità e passione, anche da umiliazioni e disagi, nonché da allenamenti e competizioni, e poi dai risultati, straordinari, fra partecipazioni e medaglie, fra Paralimpiadi e Mondiali, l’Olimpo dello sport.
Non è un libro di lacrime, “La Rossa volante”, ma di libertà: “La possibilità di percorrere un’alternativa alla vita che avevo conosciuto tra infanzia e adolescenza a restituirmi una leggerezza d’animo che fino ad allora avevo provato solo, protetta dall’amore della mia famiglia, dentro le mura di casa”, “La parola libertà entrò prepotentemente nel dizionario della mia vita. Grazie allo sport”.
E qui c’è tanto, tantissimo sport. Sport di alto, altissimo livello. Tra preparazioni e pressioni, responsabilità e tensioni, sfide e sacrifici, fatiche e reazioni, gioie e delusioni. Porcellato è stata più vincente di Jacobs e Tortu, di Pellegrino e Pizzolato, perfino di Zanardi e Vio. E ha seguito una traiettoria che, da atleta o da dirigente, le ha dato un posto sul pianeta, un senso alla vita, una missione da assolvere. “Il mondo contempla moltissime tipologie di disabilità. Ognuna differente dall’altra. Ciascuna di essere con i rispettivi gradi di autonomia. C’è chi è disabile dalla nascita e chi lo diventa. Da bambino, adolescente o adulto. Ogni ingresso nel mondo della disabilità comporta turbolenze psicologiche a sé stanti. Il presente ci ha permesso di diffondere e meglio far comprendere le esigenze, le difficoltà, i pensieri di molte donne e uomini disabili. Un tempo non troppo lontano erano i muri a separare il microcosmo delle famiglie con figli disabili dal contesto esterno, senza che quest’ultimo nemmeno si accorgesse della loro esistenza. E’ innegabile che molto è stato fatto e in questo percorso un ruolo determinante ha avuto e continua a rivestire lo sport”.
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