La ciclista transgender Emily Bridges - che recentemente aveva ricevuto il divieto dall’UCI di partecipare al British National Omnium Championship in programma a Derby - è stata vittima di minacce fisiche dopo le dichiarazioni del Primo Ministro britannico Boris Johnson sugli atleti transgender. «I maschi biologici non dovrebbero competere in eventi sportivi femminili. Forse è una cosa controversa da dire, ma mi sembra sensato e ragionevole» ha detto il primo ministro inglese.
E Bridges ha raccontato a ITV News come gli atleti transgender siano diventati «l'attuale sacco da boxe nella guerra culturale», evidenziando come le parole del Primo Ministro abbiano avuto un impatto negativo su di lei.
«È davvero strano vedere l'uomo più famoso in Gran Bretagna parlare di te ed esprimere un'opinione su un argomento di cui non sa nulla» ha detto Emily che, per prendere parte alle gare femminili, ha iniziato un percorso preciso, seguendo una terapia ormonale sostitutiva che aveva portato i suoi livelli di testosterone a rientrare nei limiti previsti dalla British Cycling, ovvero inferiore a cinque nanomoli per litro per un periodo di 12 mesi prima della competizione.
In seguito al divieto dell’UCI e le dichiarazioni di Johnson la vita di Emily Bridges è cambiata. «Dopo quelle parole è successo quello che naturalmente era prevedibile - ha raccontato la transgender britannica -. Ho ricevuto tramite internet minacce di violenza fisica da perfetti sconosciuti. Le persone hanno il diritto di esprimere un'opinione al riguardo, ma c'è un modo per farlo civilmente e le minacce non possono farne parte».
La Bridges adesso ha paura e teme per la propria incolumità. «Ho molta paura adesso, mi chiedo: se qualcuno in pubblico dovesse riconoscermi? Dopo le minacce ero seriamente spaventata e tutto questo non è giusto».
Nella sua intervista Emily ha voluto anche sottolineare il fatto di non avere alcun vantaggio sulle sue rivali e che non ha alcuna intenzione di tornare a correre con gli uomini. La ciclista transgender ha lamentato anche una mancanza di risposte da parte della British Cycling che, proprio in seguito alle ultime dichiarazioni della ciclista, ha deciso attraverso un portavoce, di chiarire la propria posizione. «Siamo determinati a garantire che il ciclismo sia un luogo accogliente e inclusivo per tutti e stiamo lavorando duramente per trovare la risposta migliore alla sfida di bilanciare inclusione ed equità nelle competizioni già condivise da altri sport» ha detto il portavoce del British Cycling.
E ancora: «Riteniamo importante che ci sia coerenza tra la nostra politica di partecipazione transgender e non binaria e le politiche e le linee guida detenute da altri organi di governo e stakeholder chiave. Per questo motivo, stiamo effettuando una revisione completa e approfondita della nostra politica e condivideremo ulteriori dettagli sul tema nelle prossime settimane. Ci scusiamo sinceramente per l'incertezza causata dalla sospensione della nostra politica, in particolare per le comunità transgender e non binarie e le donne nel nostro sport, e ci impegneremo attivamente con queste comunità come parte della nostra revisione della politica».