Quanti cerchi disegniamo con i pedali nell’aria? Quanta aria spostiamo dal momento in cui usciamo a quello in cui rientriamo con la bici? Quanto pesa il mondo che sta sotto le nostre due ruote?
“Mindfulness” significa consapevolezza. Avere la consapevolezza di quello che si fa, che si vede, che si sente, avere la consapevolezza di quello che succede dentro e fuori di noi, avere la consapevolezza di che cosa significhi tutto il nostro pedalare nella vita. Perché mentre pedaliamo, nascono azioni fisiche e mentali, corporali e psicologiche, sentimentali ed emotive che passano spesso inosservate, talvolta trascurate, addirittura negate, e che invece potrebbero fortificare, arricchire, contribuire.
Nick Moore, inglese, ha scritto “Mindfulness della bicicletta” (TS Edizioni, 160 pagine, 12 euro), cioè “pensieri per potenziare il corpo, liberare la mente, elevare lo spirito”. Un matrimonio, un connubio, una sovrapposizione, quello fra ciclista e bicicletta, che produce e consuma energia, che genera e brucia emozioni, che custodisce e sprigiona ricordi e idee.
Che la bici faccia un gran bene, si sa. Moore ripercorre strade più o meno conosciute, ma riesce anche a sorprendere quando spiega il valore del vento (“Il tributo fisico pagato dal ciclista come il modo che l’universo ha per dirci che è giusto prendersela con calma”), quando sostiene di “scegliere la pioggia” (“Sei davvero un tutt’uno con il tempo atmosferico, fiero e indomabile, sei tu stesso una forza della natura”, “Ti senti autosufficiente, pienamente vivo, e in modo inaspettato ti ritrovi a scoprire la vera dimensione della tua resilienza fisica e mentale”), quando esalta le altalene altimetriche (“Salire e scendere per alture e montagne è un meraviglioso mix di sforzo ed esaltazione, progresso costante e gloriosa velocità. E’ uno specchio della condizione umana, la vera essenza dell’amdare in bicicletta”). Moore prova addirittura a convincerci che qualcosa di positivo, nelle forature, esista veramente (“La cosa più importante è che riusciamo a recuperare un senso di autosufficienza e fiducia in noi stessi che nel nostro mondo ipertecnologico stiamo rapidamente perdendo”), tanto più quando si ricevono aiuti imprevisti (“Due ciclisti hanno accostato per offrirmi aiuto”, “Noi ciclisti facciamo parte di una famiglia formata da milioni di membri, e sappiamo bene che un giorno potremmo trovarci dall’altra parte”).
Consapevolezza. Essere, sentirsi, diventare consapevoli. Piove? Sì, piove. Salita dura? Sì, salita dura. Vado piano? Sì, vado piano. Ma ce la faccio. E ce la farò. Poi, a casa, sotto la doccia, sai che gioia, sai che soddisfazione.
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