Dopo la straordinaria tappa di ieri, che ha visto il successo di Simon yates e una fantastica battaglia tra i big di questo Giro, oggi è la volta del tappone alpino valdostano con partenza da Rivarolo e traguardo a Cogne. Prima parte tutta tra Canavese e valle della Dora Baltea fino alle porte di Aosta dove si concatenano tre lunghe salite Pila, Verrogne e l’ascesa finale a Cogne. Tutte tre sono oltre i 10 km su strade ampie e in buone condizioni intervallate da numerosi tornanti. Discese strutturalmente analoghe con tratti adatti a raggiungere velocità elevate.
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Salita finale di oltre 22 km con la prima parte impegnativa che poi si trasforma in un lunghissimo falsopiano fino all’arrivo: gli ultimi 4 km dal centro dell’abitato dei Cogne (breve tratto in pavé) fino all’arrivo tutto attorno al 2.5%.
ALLA SCOPERTA DEL TERRITORIO
Nella pianura allo sbocco delle valli piemontesi del Parco Nazionale del Gran Paradiso, sulla riva destra del torrente Orco, Rivarolo, dove prende il via la quindicesima tappa, è il centro più importante e popoloso del Canavese occidentale con i suoi 12.500 abitanti circa.
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Simbolo della città è il Castello Malgrà, fatto edificare dai conti di San Martino nel XIV secolo e ristrutturato a fine Ottocento. Nel cortile interno emergono la torre merlata e il portichetto con affreschi quattrocenteschi. Il Parco del Castello è un prezioso polmone verde sempre aperto al pubblico. Il Castellazzo è quanto rimane del castrum più antico di Rivarolo, attorno al quale si sviluppò il primo nucleo del borgo.
Rivarolo è ricca anche di edifici religiosi, dal convento di San Francesco (XIII-XV secolo) alle chiese barocche, tra le quali spicca quella dedicata a San Michele (XVIII secolo). Dal 2020, la Regione Piemonte ha riconosciuto la città quale Distretto Urbano del Commercio, sottolineandone l’anima commerciale, artigiana e imprenditoriale, che fortemente dialoga con l’anima agricola. A Rivarolo sono presenti ottimi ristoranti e quotate pasticcerie e gelaterie. La città vanta la presenza dei migliori maestri pasticceri, cioccolatieri del gelato, che hanno ottenuto riconoscimenti nazionali e internazionali. Tra gli eventi gastronomici spicca, a fine giugno, la sagra dedicata al tomino (formaggio sia fresco sia stagionato), prodotto proprio sul territorio rivarolese.
L’allevamento bovino permette alla città di avere carni e prodotti lattiero-caseari di altissimo livello. L’attenzione all’agricoltura e all’allevamento biologico ha portato anche all’affermazione di agriturismi attenti alla sostenibilità ambientale e alla produzione a km 0.
Parte della storia gastronomica del Canavese è il famoso salampatata, salame con patate nell’impasto, non stagionato e che deve essere consumato fresco, crudo oppure cotto al forno o grigliato. Il “pan douss ‘d Malgrà” è un dolce tipico dagli ingredienti semplici, talvolta arricchito con i marroni. Tra i prodotti a lievitazione delle pasticcerie rivarolesi, dopo i deliziosi panettoni natalizi, spicca la focaccia della Befana.
Il percorso, con qualche ondulazione, attraversa le località torinesi di Agliè, Bairo, Banchette, Quassolo e Quincinetto, esaurendo così il tratto piemontese. La tappa prosegue nel fondovalle valdostano, in lenta ma costante salita, tra castelli e splendidi panorami alpini. All’imbocco della Val d’Aosta incontriamo Pont-Saint-Martin, luogo strategico fin dall’epoca romana nel transito tra la Pianura Padana e la Gallia. Poco più avanti troneggia il Forte di Bard, inespugnabile fortezza di sbarramento ottocentesca, oggi centro culturale che ospita vari musei, tra i quali il Museo delle Alpi, e mostre di fama internazionale.
Oltrepassata Arnad, si passa nelle vicinanze di due castelli situati sulle rive opposte della Dora Baltea. Il Castello di Issogne (XII secolo), nel quale il gotico medievale si fonde con successivi inserti rinascimentali, racchiude tesori d’arte sorprendenti, come la fonte del melograno e un porticato con lunette affrescate. Il Castello di Verrès (XIV secolo) aveva una funzione primaria di presidio militare, ma presenta elementi di grande eleganza, come lo scalone ad archi rampanti e le bifore in pietra lavorata.
Superata Montjovet, si sale verso Saint-Vincent, uno dei centri principali della Valle d’Aosta orientale. Per la sua centenaria vocazione turistica è soprannominata “la Riviera delle Alpi”. Possiede interessanti resti romani, ma è nota soprattutto per le fonti termali e per il Casino de la Vallée. Anche Châtillon , la successiva località attraversata dalla tappa, è un comune fra i più popolosi della regione. Spicca la presenza di numerosi resti di fortificazioni.
A rendere famosa la zona di Chambave è invece la coltivazione del Moscato. Il Castello di Fénis (XIV-XV secolo) è caratterizzato da un’architettura scenografica, con la doppia cinta muraria merlata che racchiude l’edificio centrale e le numerose torri. È una delle attrazioni più note della Valle d’Aosta.
Superato il piccolo comune di Quart, sormontato da un castello, si giunge a Pollein, dove è collocato il primo traguardo volante di giornata. Siamo ormai vicini al capoluogo: Pollein ospita infatti una parte della zona industriale di Aosta, l’autoporto e l’eliporto della Valle d’Aosta.
Superate Pollein e la vicina Pont Suaz, la Carovana Rosa affronta la prima ripida salita verso Pila, nel comune di Gressan, che, a soli 18 minuti di telecabina dalla città di Aosta, è meta privilegiata non solo per l’escursionismo e lo sci ma anche per discipline adrenaliniche su due ruote come il downhill e il freeride. Nella frazione Les Fleurs, a quota 1421 m, è collocato il primo GPM della tappa.
Il percorso scende su Gressan e ripassa da Pont Suaz per riprendere la strada verso Aosta. Il capoluogo è situato all’incirca nel mezzo della piana in cui scorre il fiume principale della regione: la Dora Baltea. Nel territorio era presente già in tempi preistorici una popolazione di cultura megalitica. Fu poi la colonizzazione romana a dare l’impronta alla città (chiamata Augusta Praetoria), con una funzione strategica di collegamento tra la Pianura Padana e la Gallia.
Nel Medioevo, Aosta fece parte del Sacro Romano Impero, per poi legarsi alle sorti dello Stato dei Savoia, fino all’Unità d’Italia. Aosta, ovviamente dopo Roma, è la città con il maggior numero di resti romani ancora visibili, tanto da essere soprannominata “la Roma delle Alpi”: ricordiamo l’Arco di Augusto, la Porta Prætoria e le altre porte romane, il Teatro e l’Anfiteatro, il Ponte, la cinta muraria e le torri; di particolare fascino il Criptoportico Forense, collegamento sotterraneo fra due templi. Tra gli edifici religiosi, spicca la cattedrale di Santa Maria Assunta, d’epoca medievale. Il cuore laico della città è l’elegante Piazza Chanoux, su cui si affaccia il Municipio.
La cucina tradizionale della Valle d’Aosta presenta ricette dall’alto contenuto calorico a base di selvaggina e fontina, formaggio DOP. Nel paragone con il resto d’Italia, si evidenzia l’assenza del frumento, sostituito dal mais e dalla segale. Tra i piatti tipici citiamo la fonduta (a base di fontina), la polenta concia, la “seupa à la Vapelenentse” (zuppa della Valpelline), le costolette alla valdostana, il civet di camoscio, le tegole dolci valdostane e il caffè alla valdostana, con zucchero, scorze d’arancio e limone, bevuto in uno speciale recipiente.
Le particolari condizioni climatiche della Valle d’Aosta, unitamente alle caratteristiche dei terreni e alla loro pendenza, non hanno certo reso la vita facile ai viticoltori; tuttavia qui la “viticultura eroica” dà origine a una gamma ampia e qualificata di vini montagna prestigiosi, riuniti sotto un’unica Denominazione di Origine Controllata “Valle d’Aosta – Vallée d’Aoste”.
Fin dall’ingresso nella regione, l’occhio è catturato dai vigneti che si arrampicano sulla montagna. Il vitigno caratteristico della zona è il Picotendro, una varietà locale di Nebbiolo coltivato insieme ad altri vitigni autorizzati per il vino Donnas come la Freisa, il Neyret e il Fumin mentre il Pinot Gris e l’Erbaluce sono utilizzati per la produzione di vini bianchi. Il Picotendro è anche alla base della produzione dell’Arnad-Montjovet, zona in cui si trova anche il Pinot nero che viene talvolta unito al Nebbiolo e ad altri vitigni autoctoni come il Vien de Nus, il Ner d’Ala e il Roussin.
Dopo Aosta, il percorso sale verso Caillod, frazione di Sarre, il secondo comune più popolato della regione dopo il capoluogo. Il Castello di Sarre, antica residenza di caccia e di villeggiatura dei Savoia, racconta della presenza della famiglia reale in Valle d’Aosta. Di particolare interesse sono gli ambienti con i trofei delle partite di caccia. La salita continua fino al secondo GPM di giornata, collocato a Verrogne, sempre nel comune di Sarre, lungo la panoramica “Strada dei Salassi”, l’antico tracciato di origine preromana che congiungeva la zona del Gran San Bernardo all’alta Valle d’Aosta. Siamo a quota 1582 m.
Dopo il GPM, la discesa passa da Persod, frazione di Saint-Nicolas, quindi, dopo un forte dislivello di quasi 700 metri, da Saint-Pierre, nel cui comune sorge il Castello Sarriod de la Tour: situato in una zona pianeggiante a strapiombo sulla Dora Baltea, viene ricordato per la “Sala delle teste” che prende il nome dalla decorazione del soffitto con curiosi personaggi.
Il vino rosso Torrette prende il nome dall’omonimo promontorio a cavallo dei comuni di Sarre e Saint-Pierre che per la sua esposizione a sud costituisce un habitat ideale per la viticoltura. Si prosegue attraversando Villeneuve e quindi Aymavilles, il cui Castello, recentemente restaurato, rivela una doppia anima medievale e barocca. Tipica della zona di Aymavilles è la favò, un prelibato piatto tipico a base di fave, Fontina DOP, pane nero abbrustolito nel burro, salsiccia, pancetta e pasta, che ben si sposa con un profumato vino rosso come il Torrette DOC.
Dopo Aymavilles inizia la salita verso Cogne, culmine finale della tappa. Nel centro cittadino è collocato il secondo traguardo volante di giornata. Un tempo importante centro minerario per l’estrazione del ferro, Cogne è oggi una delle “Perle delle Alpi”, una località turistica famosa per l’accoglienza di qualità che ha sviluppato nel rispetto e nella salvaguardia del suo patrimonio naturale. La gastronomia locale ha molto da offrire. Oltre alla Fontina DOP, prodotta su tutto il territorio valdostano, si possono gustare anche altri formaggi vaccini e caprini e altri derivati del latte, come burro e yogurt di produzione locale.
Tra i piatti tipici di Cogne ci sono il mécoulin, una sorta di “panettone” tipico locale addolcito con uvetta e insaporito con scorza di limone e rum, la crema di Cogne, delizioso dessert al cucchiaio a base di panna, zucchero, cioccolato fondente e un goccio di rum, e la saporita “seupetta di Cogne”, una zuppa a base di riso e Fontina DOP.
L’arrivo (e terzo GPM di tappa) nella splendida località di Lillaz, frazione di Cogne nota per le sue spettacolari cascate, sarà il modo migliore per festeggiare il centenario del Parco Nazionale del Gran Paradiso. Nel 2022 l’area protetta festeggia appunto i suoi 100 anni: è il parco nazionale più antico d’Italia. Il suo animale-simbolo, da sempre, è lo stambecco. Il centro “TutelAttiva Laboratorio Parco” accoglie i visitatori con sistemi multimediali, giochi interattivi e un originale “spazio sensoriale” oltre a due allestimenti tematici dedicati al lupo e allo stambecco.
Per conoscere la varietà della flora alpina, a Valnontey, frazione di Cogne nel cuore del Parco, si trova il Giardino Botanico Alpino Paradisia. Le cascate di Lillaz sono formate da salti rocciosi attraverso i quali scorrono le abbondanti acque del torrente Urtier, che hanno scavato profondi anfratti tra le pareti a picco.
La prima cascata è alla portata di tutti mentre il percorso circolare per vederle tutte è un’escursione lunga meno di 2 Km, con 100 metri di dislivello in salita, che regala scorci indimenticabili.
da TvRoadbook