Al Giro d'Italia è una questione di volate. Sì, ma anche di fermate. D'autobus. Quelle che di solito i ciclisti ignorano perché muniti di mezzo proprio e che invece sono traguardo quotidiano, sede di partenza e arrivo, per chi la sua tappa la affronta nella quotidianità.
Fermate d'autobus che, però, nella semplicità della loro struttura, possono raccontare storie diverse. C'è la fermata antica - quasi contadina, in muratura - che nel piccolo villaggio ungherese di Zamoly dopo il passaggio del Giro ha cambiato addirittura nome: è stata intitolata a Mark Cavendish che lì davanti si è fermato per cambiare una gomma forata nel corso della prima tappa della corsa rosa. Fieri di aver accolto cotanto campione, gli hanno dedicato la sosta e ci metteranno anche una targa ad imperitura memoria.
E poi c'è la fermata moderna e cittadina di Parma - tutta plexiglass e acciaio - che prima della tappa di Parma ha accolto un solitario Roger Kluge e i suoi pensieri. Non sappiamo se il gigante tedesco, specialista della pista e pesce pilota di Ewan, stesse pensando al ritiro del suo capitano, oppure ad abbandonare lui stesso la corsa o ancora alle fatiche di tappa che lo attendevano. Magari pensava soltanto che gli sarebbe piaciuto aspettare l'autobus, per la cronaca il 164, salirci sopra e farsi un bel giro per Parma. E non è detto che lo faccia, un giorno, anche se nessuno a Parma ha pensato di intitolargli la fermata.
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