Mentre in Afghanistan i talebani hanno proclamato l’obbligo del burka per tutte le donne, tre giovani donne afgane si sono collegate dal Pakistan con i lavori del W20 - nato per promuovere la partecipazione economica delle donne negli Stati membri del G20 e per rafforzare il loro potere economico - in svolgimento a Roma.
L’incontro si è svolto presso il Mistero dei Beni Culturali e a raccontare la propria storia sono state Habiba, Bahara e Mahnaz, tre donne ma anche tre atlete che per rivendicare il loro desiderio di libertà hanno scelto di correre in bici.
Bahara è la più grande delle tre e già nel 2016 faceva parte della nazionale afgana di ciclismo femminile, mentre Habiba un paio di anni più tardi ha iniziato a pedalare sulle strade del Bamihan. La più giovane è Mahnaz che in bici ha iniziato ad andare grazie alle cugine, che insieme alla mamma hanno fondato la prima squadra di ciclismo femminile dell’Afghanistan.
Oggi le cugine e la zia di Mahnaz vivono in Germania, dove hanno potuto riprendere gli studi e ad andare in bici, grazie ad un progetto che ha aiutato a portare in salvo centinaia di atlete afgane. Habiba, Bahara e Mahnaz non sono solo afgane ma sono di etnia Hazara e per questo perseguitate. Queste tre giovani, insieme ad un gruppo che in totale conta 64 persone, tra poche settimane arriveranno in Italia grazie ad un corridoio umanitario appositamente aperto per loro dal Ministero degli Esteri, con la super visione della vice ministra Marina Sereni, che ieri al W20 ha voluto portare la propria esperienza sulle donne coinvolte nei conflitti bellici, come quello dell’Afganistan e dell’Ucraina.
Per la prima volta le tre cicliste hanno raccontato al mondo in prima persona quello che è accaduto ad agosto, quando erano fuori dell’aeroporto di Kabul e ci fu il famoso attentato in cui persero la vita tantissime persone. Vennero nascoste insieme ad altre ragazze e poi in segreto portate in Pakistan, nell’attesa di quel visto che avrebbe donato loro un futuro.
L’Italia si è fatta avanti e grazie alla generosità della Regione Abruzzo, con l’Assessore Guido Liris e il sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi l’intero gruppo, quasi interamente formato da donne della nazionale di ciclismo femminile e dei club delle varie regioni, tra poco arriverà in Italia, dove finalmente potranno costruire un nuovo futuro.
Ai microfoni del W20 le tre ragazze hanno voluto ringraziare tutte le persone che le hanno aiutate in questi mesi e e che le hanno aiutate a immaginare una nuova vita. Mahnaz vuole finire la scuola superiore, mentre Habiba vorrebbe frequentare la facoltà di medicina. Bahara ha già una laurea e a Kabul lavorava e continuava ad allenarsi in bici e spera di poter frequentare dei corsi post laurea per migliorare il proprio livello e poter essere un supporto per tutte le altre donne afgane che arriveranno in Italia.
Le loro sono storie diverse ma unite da una grande passione, quella del ciclismo. Il vento sul viso è il ricordo più bello delle loro corse sulle strade afgane, così come le medaglie conquistate nelle gare che si svolgevano nelle loro province. Il sogno per loro non è finito e in Italia avranno un’opportunità e grazie anche al sostegno della Federazione Ciclistica Italiana e della nazionale di ciclismo ucraina, sulle strade del capoluogo abruzzese potranno riprendere gli allenamenti. Sarà una nazionale inedita, quella che correrà all’ombra del Gran Sasso d’Italia, fatta dai colori del giallo e dell’azzurro dell’Ucraina e del nero, con il rosso e il verde dell’Afghanistan. I due gruppi di atleti, provenienti entrambi da Paesi distrutti dalla guerra, insieme ricostruiranno il proprio futuro, attraverso lo sport, che in Abruzzo sarà un vero e proprio messaggero di pace e l’esempio di come le bici siano capaci di salvare persone.
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