Ieri sulle strade della Capitale, sul classico circuito del GP della Liberazione, lungo il percorso c’era anche Marino Amadori, il tecnico azzurro responsabile della nazionale U23. Amadori ha voluto vedere da vicino i ragazzi che sulle strade della storica corsa romana sono stati protagonisti di un vero e proprio duello a colpi di pedale. Il tecnico azzurro è stato contento di quello che ha visto ed è certo di poter costruire un gruppo molto competitivo.
«È stato un Liberazione veramente molto combattuto fin dall’inizio - ha detto Marino Amadori al termine della corsa -. Mi sarebbe piaciuto vedere vincere un italiano, ma va detto che la concorrenza era alta con una concorrenza di grande livello». La corsa è stata vinta dal tedesco Henri Uhlig, seguito da Martin Marcellusi del team Bardiani CSF Faizanè e Carlo Francesco Favretto della General Store Essegibi F.lli Curia. Anche il quarto posto è andato ad un italiano, si tratta di Kevin Bonaldo del Team Qhubeka. «Marcellusi e Favretto sono stati molto bravi in particolare nel finale, ma anche altri ragazzi si sono fatti vedere bene».
Negli ultimi anni il GP della Liberazione ha sofferto la mancanza di molte squadre straniere che, nonostante l’impegno degli organizzatori, continuano a non arrivare. «E’ vero negli ultimi anni mancano alcune squadre straniere, ma quelle che sono venute erano veramente forti. Non a caso ha vinto un ragazzo della nazionale tedesca. Purtroppo è cambiato il calendario internazionale e ci sono diverse gare che si svolgono nelle stesse giornate del GP della Liberazione, come ad esempio il Tour de Bretagne, una gara a tappe molto importante scattata proprio ieri».
Il movimento italiano cresce e grazie a corse come il GP della Liberazione è possibile vedere lo sviluppo del ciclismo nostrano. «C’è da lavorare come sempre, dobbiamo ripartire un po’ da zero, perché abbiamo molti ragazzi che sono passati tra i professionisti, tanti giovani stanno crescendo e dobbiamo portarli nelle corse europee per farli maturare nel modo corretto e far fare loro delle esperienze: lo faremo per la Coppa delle Nazioni e cercheremo di valutare quei giovani da portare anche ai Giochi del Mediterraneo. Abbiamo fatto già una rosa di nomi e adesso vedremo come lavorarci per essere competitivi a livello internazionale».
Sempre più spesso si vedono ragazzi giovanissimi che saltano la categoria U23 per passare direttamente al professionismo, ma Marino Amadori è certo che in molti casi questo sia un errore e che la categoria U23 sia molto utile per la formazione del corridore. «In giro sicuramente ci sono dei talenti straordinari, che forse da noi in Italia mancano. Abbiamo dei corridori interessanti ai quali dobbiamo dare il tempo di maturare ed è per questo che sono convinto dell’importanza della categoria che seguo. I ragazzi devono crescere in modo graduale per poter arrivare al professionismo e misurarsi ad alto livello».
In Italia manca una squadra World Tour che, come avviene all’estero, possa occuparsi dei giovani talenti attraverso le formazioni di sviluppo e supportare il movimento giovanile. «Le squadre vivaio sono molto importanti e all’estero abbiamo diverse squadre World Tour che le hanno e funzionano. Noi abbiamo la Bardiani che ha creato un progetto simile e molto valido, li abbiamo visti proprio al Liberazione e sono arrivati secondi con Marcellusi».
Nell’analisi fatta da Amadori sul ciclismo italiano, purtroppo è stata evidenziata la grande differenza tra Nord e Sud Italia, sia a livello di squadre che di corse. «Il nostro movimento maggiore come squadre e corse purtroppo è al Nord. Se togliamo il Liberazione, restano veramente poche gare al Centro e Sud Italia e purtroppo rischiamo di perdere dei ragazzi interessanti proprio perché già da giovanissimi sono costretti a migrare e queste scelte purtroppo pesano molto anche sulle famiglie. Bisogna incentivare il ciclismo in altre zone del nostro Paese se veramente vogliamo risolvere questo problema».