C’è un corridore che indossa una bandana gialla, cavalca una bici celeste, tiene le mani basse sul manubrio, si alza sui pedali, stringe i denti e scatta. Ma sì. E’ lui. Marco Pantani.
La Curva Pantani. A Gabicce Mare, sulla Via Panoramica. Pantani va così forte per abbreviare la sua agonia. Davanti a sé ha la luce della salita, della fatica, di un’ascesa che si sublima in ascensione. Dietro di sé crea una scia pentacolorata – celeste, azzurra, fucsia, gialla, verde acqua – che sembra tradursi in velocità, in vento, in brividi, in emozioni, in storia.
E’ un grande murale. Lo ha progettato Laura D’Amico, lo ha realizzato il Comune di Gabicce, lo ha sostenuto la Regione Marche e lo ha patrocinato la Fondazione Marco Pantani. Stamattina alle 10.30 l’inaugurazione. Poi la Curva Pantani sarà aperta a tutti, soprattutto a quel popolo di pedalatori che sulla Via Panoramica si gode la vita. Avrà una casa spaziosa: per tetto, un cielo anche di stelle; per pavimento, la strada, da salire, da scendere, da sognare, da fare, cercando di individuare ed evitare le cattive strade.
Pantani continua ad affascinare il mondo del ciclismo. La fine tragica ne ha ingigantito la figura, moltiplicato l’eco, prorogato i termini. La scia del Pirata, anche quella sulla Panoramica, sembra aver smaltito il rigore di particolari situazioni e polemiche, ed essersi arricchita di affettuosi ricordi e testimonianze.
Il ciclismo ha il dono della memoria. Vie e piazze, statue e targhe, stadi e velodromi, piste e ciclovie vengono spesso intitolati a eroi della pedivella. Non solo riconoscimento, ma anche nostalgia. Non solo ammirazione, ma anche appartenenza. Per Pantani c’è qualcosa in più. Come se quello che si fa per lui – il campione - adesso compensasse quello che si sarebbe potuto fare per lui – l’uomo - allora.
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