Soraya Paladin è pronta a cominciare una nuova avventura: da quest'anno l'atleta veneta è in forza alla Canyon //SRAM e le abbiamo chiesto di raccontarci le sue emozioni: vi proponiamo quindi un viaggio nel mondo di Soraya.
Chi è Soraya Paladin?
«Una ragazza molto semplice. Mi considero principalmente una ciclista. E quando non sono in sella, sono una ragazza come tutte le altre. Mi piace uscire a cena e il buon cibo; sono una fan della pasta allo scoglio e dalla carbonara. Mi piace trascorrere del tempo con amici e soprattutto, stare all’aria aperta – adoro andare a camminare in montagna. Ho un cane, Blue, che porto ovunque con me! Pensavo che i bull dog francesi fossero pigri, invece il mio è super attivo e un fan della neve».
Come hai iniziato a praticare il ciclismo?
«I miei genitori praticavano la mountainbike, facevano spesso gare amatoriali, mi sono appassionata di questo sport seguendoli ovunque. Ero piccola, avevo 6 anni, ho chiesto a mio papa di portarmi con lui. Ricordo il primo allenamento nel campo sportivo vicino a casa, da quella volta non ho più smesso. Ho praticato anche altri sport: pallavolo, calcio, nuoto. Un giorno mia mamma mi disse: “Soraya, devi scegliere” – doveva portarmi a 5 diversi allenamenti di 5 sport diversi, se ci penso... (ride). Ho scelto il ciclismo perché mi divertiva di più, mi piaceva il dopo gara, i pic-nic, i bbq, l’atmosfera e le emozioni che ti regala ciclismo sono fantastiche. Se avessi scelto per la compagnia, forse avrei scelto pallavolo, perché tutte le mie amiche praticavano quello sport. Però la mia voglia di stare all’aria aperta ha vinto su tutto il resto, la bellezza di stare nella natura e visitare posti nuovi in sella alla mia bici»
Da quest’anno sei in una nuova squadra, la Canyon//SRAM; come ti trovi?
«Avevo buone aspettative per questa squadra, già dall’esterno. Ho già partecipato a due ritiri con loro (Majorca e Valencia – concluso questo fine settimana) e sono rimasta impressionata dal lavoro che c’è dietro questa squadra, mi sono sentita coccolata ed accolta anche se ero una delle nuove. È un ambiente solido, si lavora duro, ma si sta bene. Ho stretto buoni rapporti con tutte le ragazze, ho tante compagne di squadra forti con un’importante carriera alle spalle, nonostante ciò, nessuna si tira indietro ad insegnare, a condividere le proprie idee ed esperienze sul ciclismo. Non è facile trovare cicliste di questo calibro che condividono i loro punti di vista, i loro obiettivi, la loro preparazione. Durante i ritiri, le Zwift challenge sono state molto interessanti. Dietro a queste iniziative c’è tanto: con una pedalata di 45 minuti / un’ora si può raggruppare gente da tutto il mondo. È una realtà interessante da scoprire anche se dopo il lock down non ho un buonissimo rapporto con i rulli».
La tua prima gara in Italia sarà Strade Bianche. Cosa ne pensi di questa corsa?
«Una delle mie corse preferite in assoluto. Per arrivare davanti, non basta semplicemente avere una giornata fortunata. È una gara che fa emergere la forza dell’atleta. È impegnativa, serve essere in forma, correre con intelligenza, saper controllare la bici. È un obiettivo della stagione, siamo una squadra forte. Obiettivo è ovviamente vincere, non solo io in prima persona, ma anche come squadra. Saranno con me Kasia Niewiadoma, che ha fatto podio dal 2016 al 2019, Alena Amialiusik e Pauline Rooijakkers, mia ex compagna in Liv Racing. Possiamo fare un ottimo lavoro, il livello è alto e daremo il massimo. La squadra che temo di più è la SD Worx, una delle squadre che sa lavorare bene insieme, si aiutano a vicenda per arrivare alla vittoria. Vittoria individuale? La Van Vleuten».
Dove pedali solitamente in allenamento? Quali sono i tuoi posti preferiti?
«Solitamente, se sono a casa, pedalo in zona Vittorio Veneto sulle colline del Prosecco. Lì non è mai noioso, le strade non sono trafficate e trovi una buona combinazione di salite, pianura e percorsi collinari. Il San Boldo è la mia salita preferita. Quando non sono a casa seguo i programmi del team, gli scorsi anni di inverno sono stata a Calpe e d’estate Livigno per fare altura: sei a 1800 m ed è una preparazione perfetta prima delle corse a tappe, Giro rosa ad esempio».
Pedali sempre su strada o ti piace praticare anche altre discipline?
«Nelle categorie giovanili ho fatto anche qualche anno di ciclocross, ma ho lasciato da parte quello sport. Poi Asja, mia sorella, da un anno e mezzo mi ha tirato in mezzo nel mondo del a gravel. È perfetto perché stacchi la testa, scopri nuovi percorsi, apprezzi posti nuovi nelle colline vicine a casa, sul Piave. Non sapevo dell’esistenza di tante stradine e percorsi sterrati, li ho scoperti proprio grazie alla gravel».
Cosa significa per te Canyon, ti ritrovi nella filosofia del marchio?
«Mi piace che Canyon voglia ispirare sempre più persone a pedalare su più tipologie di bici possibili.Il Generation team, il nuovo team development affiancato a CANYON//SRAM ne è una prova. Aiuteremo ragazze che vengono da paesi meno fortunati a fare del ciclismo il loro lavoro.Dobbiamo imparare più noi da loro che loro da noi. Rimani sorpresa dalle realtà che ci sono in certi mondi.Il Generation team ha fatto entrambi i ritiri con noi, ci siamo allenate e abbiamo trascorso del tempo insieme. È bellissimo conoscere culture diverse, in certi paesi ci sono problemi molto diversi da quelli a cui siamo abituati in Europa: strade dissestate, criminalità... è incredibile la loro determinazione a praticare questo sport in quelle condizioni. Una di queste ragazze pensava di dover pedalare 8 ore ogni giorno, come se si trattasse di un lavoro “tradizionale”. Lei mi raccontava che nel suo paese se sei dipendete di un’azienda devi lavorare 8 ore e quindi per lei era naturale un impegno di 8 ore ogni giorno in sella – poi i coach le hanno spiegato che non funziona così, per fortuna. Per alcune di loro è una novità utilizzare il misuratore di potenza. Una ragazza jamaicana, che abitava in cima a una montagna, doveva tutti i giorni fare il percorso dal paese avanti e indietro per potersi recare agli allenamenti. Una altra ragazza, di religione islamica mi ha spiegato che durante il Ramadan si allena la mattina alle 5 o al calar del sole, la sera. Questa esperienza riflette l’obiettivo di Canyon di ispirare sempre più persone a pedalare e ti apre a nuovi scenari, impari tanto, dai meno cose per scontate. Confrontarsi con loro non ha prezzo».
Quali sono i tuoi programmi per il 2022?
«Come obiettivi principali nella prima parte di stagione ho Strade Bianche, il Fiandre, le tre Classiche delle Ardenne, Amstel, Freccia e Liegi – il mio obiettivo è il podio! E per la seconda parte di stagione il Giro Rosa: sono sempre arrivata vicina a una vittoria di tappa, spero che quest’anno sia l’anno buono. A fine stagione, vorrei partecipare ai mondiali in Australia, ho sentito che deve essere proprio un bel percorso».
La tua Canyon preferita?
«Per il momento ho usato solo la Aeroad e mi trovo incredibilmente bene, ma ho anche una MTB nella mia wish list».
Che consiglio daresti a chi si sta approcciando al mondo del ciclismo su strada?
«Di viaggiare, prendere la bici come un mezzo per spostarsi e scoprire posti nuovi. Oppure vederla come una sfida personale per migliorarsi. Se sei un tipo di persona con agonismo innato, la bici non può non piacerti.La parte migliore del ciclismo è indubbiamente viaggiare. Pedalare di città a città in bici ti dà un’enorme soddisfazione. In Italia ci sono paesi e borghi incredibili che riesci a vedere e vivere veramente solo in sella ad una bici. Ti fermi a bere un caffè al bar di un paesino, incontri e conosci persone, vivi il posto come in un nessun altro modo. L’ultimo viaggio che ho fatto è stato un tour di 3 giorni: da Cima d’Olmo (dove abito) fino a Roma, passando da Cervia, Gubbio, Assisi, ho dormito a Perugia, poi da Perugia a Roma, ho percorso 800 km e circa 5000 m di dislivello. Per colpa di mia sorella Asja l’ho fatta in soli 3 giorni, dovevo tornare a casa per festeggiare il suo compleanno».
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