Mark Cavendish ha già fatto la storia del ciclismo, ma non ha alcuna intenzione di porsi limiti e ha alla portata un premio che potrà consacrarlo una volta di più come un'icona dello sport a 360°. A 36 anni il velocista dell'Isola di Man ha iniziato la sua stagione da professionista alzando le braccia al cielo nella seconda tappa del Tour of Oman e ha nel mirino tanti altri traguardi da conquistare in maglia Quick-Step Alpha Vinyl. Dopo i titoli mondiali, le medaglie olimpiche, le classiche e le classifiche a punti collezionate nei grandi giri è infatti tra i candidati dei Laureus World Sports Awards, gli Oscar dello sport.
Dopo aver risolto i suoi problemi di salute fisica e mentale, nella stagione scorsa Cannonball ha eguagliato il record di 34 vittorie di tappa al Tour de France detenuto da Eddy Merckx meritandosi l'ambita selezione, esito della votazione effettuata da oltre 1300 giornalisti di tutto il mondo. Cav è in lizza per il Laureus World Comeback of the Year (Ritorno dell’anno) insieme alla collega olandese Annemiek van Vleuten, che dopo la brutta caduta di Rio2016 si è riscattata tra maglie iridate, rosa e i cinque cerchi conquistati nella cronometro di Tokyo2020. I due assi del pedale dovranno vedersela con altri campioni planetari come l'indomita ginnasta Simone Biles, l'otto volte campione del mondo di motociclismo Marc Márquez, il tuffatore Tom Daley e la giovanissima skater Sky Brown.
«Questa nomination è un riconoscimento incredibile. I record non sono un mio obiettivo, ogni vittoria è semplicemente il frutto di un grande lavoro. Non so se vincerò un'altra tappa alla Grande Boucle o chissà quante altre corse, so che ognuna è una conquista. Sono convinto che, se insisti, prima o poi sarai premiato. Sono un uomo fortunato, ho ottenuto numerosi successi, quello che conta di più però per me sarà sempre la famiglia. Se la mia esperienza può essere un esempio ne sono davvero felice. Ho dovuto combattere a lungo contro il virus Epstein-Barr e disturbi mentali, entrambi sottovalutati e inizialmente non curati a dovere» ci ha raccontato Mark in collegamento da Abu Dhabi, dove domani scatterà l'UAE Tour.
«Non pensavo fosse una cosa reale, non c'entra con l'essere forti o deboli, è una malattia e non puoi controllarla. Specialmente nel mondo dello sport c'è la convinzione che avere a che fare con la pressione e le aspettative facciano parte del nostro lavoro e, per certi aspetti è vero, ma quando non sei in controllo non puoi reggerle. La malattia mentale va presa sul serio, inizialmente io stesso non l'ho fatto. Tra i candidati a questo prestigioso premio c'è Simon Biles, la cui storia è altrettanto esemplare. L'aspetto più duro per me, quando ero davvero a terra, era parlarne. Anche se hai tante persone attorno che ti vogliono bene, non riesci a spiegare come ti senti, a esprimere cosa avverti dentro. La malattia mentale ti cambia per la vita, non la superi mai davvero, impari a conviverci. La presenza di psicologi sportivi all'interno dei team per gli atleti di livello è importante. Nella società purtroppo affidarsi a uno specialista è ancora un lusso non per tutti» prosegue Mark, per cui la vittoria più grande è poter continuare a competere ad alti livelli dopo oltre 15 anni di montagne russe tra gioie e difficoltà di cui finalmente riesce a parlare con il cuore leggero.
I vincitori dei Laureus World Sports Awards saranno annunciati ad aprile, nel corso di una cerimonia virtuale, al termine delle votazioni della Laureus World Sports Academy, la giuria per eccellenza composta da 71 leggende dello sport tra cui figurano Fabian Cancellara, Chris Hoy e Miguel Indurain. Riuscirà a spuntarla un ciclista? «Un corridore è abituato a perdere molto più che a vincere. In gruppo siamo tanti, è pura statistica. Il ciclismo non è il tennis in cui si gioca uno contro uno quindi uno vince e uno perde. Non è nemmeno paragonabile alla Formula1 o alla MotoGP, per parlare di altri sport di cui sono appassionato, in cui un atleta deve vedersela con 20-25 rivali – spiega Cav. - Sei abituato a lottare, a riprovarci, a risollevarti. È nel DNA del ciclista. Annemiek la conosco personalmente (nell'immagine Mark assiste come un semplice tifoso al passaggio del Women's Tour of Britain, ndr), la sua dedizione spiega perchè vince tanto ed è ritornata ai massimi livelli. Le nostre vicende sono l'ennesima prova che non bisogna mai mollare. “Lotta per quello che vuoi” è ciò che cerco di insegnare ai miei figli ogni giorno».
Il primo patron del Laureus World Sports Awards Nelson Mandela disse “Lo sport ha il potere di cambiare il mondo”. Oggigiorno si potrebbe aggiungere: “La bicicletta salverà il mondo”. «Grazie alla Qhubeka Charity ho imparato che una bicicletta può fare la differenza per un bambino tra l'andare a scuola o meno, per un medico tra il riuscire a salvare una vita o non fare in tempo. Senza tener conto degli aspetti ecologici e di sostenibilità quanto mai attuali, fateci caso, chiunque sale in bici sorride. Già solo questo può senz'altro rendere il mondo un posto più gioioso in cui vivere» conclude Mark, finalmente di nuovo con il sorriso sulle labbra e gli occhi che brillano.