Sabato prossimo, per celebrare il 90° compleanno di Defendente Fracchia, i suoi amici più cari avrebbero voluto organizzare in suo onore un pranzetto in allegria tra vecchie glorie del pedale. Poi però la nuova impennata di contagi ha reso più prudente rimandare i festeggiamenti a tempi migliori, e così il vecchio “Fando”, come tutti lo chiamano familiarmente, quel giorno si consolerà aumentando un po’ la sua dose giornaliera di chilometri pedalati. «Anziché effettuare solo la mia solita passeggiata mattutina – afferma l’ex-corridore, nato il 15 gennaio 1932 a Fubine Monferrato, nell’Alessandrino, ed ora residente a Torino – se il tempo sarà clemente farò un giretto anche nel pomeriggio. Senza pedalare tutti i giorni non riesco proprio a stare». Considerando che ha cominciato a correre subito dopo la guerra, si calcola che Fando, per sua fortuna assistito da una salute di ferro, nella sua vita abbia percorso in bici ben di più di un milione di chilometri. La sua carriera è stata lunghissima ma Fando è l’emblema del corridore che ha dato al ciclismo molto più di quanto dal ciclismo abbia ricevuto. Anche perché era troppo buono, onesto e fiducioso per farsi largo in un mondo, anche quello sportivo, che spesso favorisce soprattutto gli audaci. Qualche esempio? «Nel 1952 – ricorda Fando con un po’ di rammarico – avrei dovuto passare alla Siof di Pozzolo Formigaro, che era il vivaio della Bianchi di Coppi. Per me sarebbe stato un sogno entrare nell’orbita del Campionissimo e la mia carriera avrebbe potuto prendere una piega diversa. Invece, a causa di un disguido burocratico, finii alla Arata di Asti».
E ancora: «Nel ’55 era stabilito che avrei debuttato tra i professionisti al Giro d’Italia con la Frejus, avevo già effettuato le visite mediche e mi avevano preso le misure per la bicicletta, ma pochi giorni prima del via il povero Pierino Bertolazzo mi disse che i piani della squadra erano cambiati». Ma non basta. L’anno dopo sembrava sicuro il suo esordio tra i prof prima alla Faema e poi alla Girardengo, ma anche in queste occasioni qualche personaggio, di cui Fando conosce nome e cognome ma è troppo buono per rivelarli, mandò a monte le trattative.
Nonostante queste continue delusioni, Fando ha corso fra i dilettanti fino al 1960, conquistando 25 vittorie, quasi tutte per distacco. Da ricordare la Coppa Valmaira del ’53 a Dronero, allorchè rifilò 5’ al secondo e 10’ al terzo, la Coppa Bordin dello stesso anno a Bra (2° a 2’40’’ Guido Messina) e due edizioni del G.P. Sediai a Grosso Canavese. Animato da una incrollabile passione, ha poi gareggiato fino al ’90 fra i cicloamatori, collezionando un centinaio di successi e una maglia tricolore.
Gli è mancata la soddisfazione di passare professionista, proprio lui che lo avrebbe meritato più di tanti altri, ma per circa sessant’anni Fracchia ha avuto la fortuna di avere al suo fianco una persona speciale, la moglie Mimmi, che, a seconda delle circostanze, sapeva spronarlo, festeggiarlo o consolarlo. E che ancora oggi, che da quattro anni riposa nel cimitero di Fubine, dà al suo Fando la forza di continuare a vivere e a pedalare tutti i santi giorni.
Da La Stampa – edizione di Alessandria
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