Il Gran Premio Liberazione, che il prossimo 25 aprile festeggerà la sua edizione numero 75, è una grande parata di vincitori, molti dei quali hanno avuto un futuro importante fra i professionisti. Questa è anche la speranza di Michele Gazzoli, ultimo del lungo elenco che ha sperimentati sulla propria pelle, anche nei pochi mesi successivi al trionfo del 2021, quanto vincere sulle strade romane possa influire e cambiare le prospettive.
Ripensandoci a mesi di distanza, Michele, che si appresta alla sua prima stagione all’Astana, non ha perso un’oncia dell’entusiasmo derivante da quella vittoria: «Ha un valore esagerato – afferma con convinzione – solo dopo ho capito il suo peso e credo che abbia avuto anche un influsso non indifferente nella possibilità di fare il salto verso il team WorldTour».
Il corridore bresciano ha chiara nella mente la gara romana, quasi l’avesse conclusa ieri: «E’ un percorso esigente, che richiede attenzione massima fin dal via. Sembrerà strano parlando di una gara su strada, ma già i primi 100 metri sono importanti, perché non puoi rischiare di finire imbottigliato, devi essere sempre davanti per avere un controllo della corsa».
Il Liberazione storicamente (soprattutto quando era riservato alle squadre dilettantistiche) era considerato una delle pochissime corse dove era praticamente impossibile poter controllare la sua evoluzione e bisognava affidarsi un po’ alla fortuna, un po’ alla propria capacità di gestione delle energie e anche delle astuzie tattiche. E’ ancora così? «Se hai un team forte puoi avere il polso della situazione e noi della Colpack Ballan lo abbiamo avuto nel corso di tutta la gara – ammette Gazzoli – devi però avere gente in grado di farlo. Noi avevamo pensato a una gara d’attacco, così mi sono ritrovato in una fuga a due nelle fasi finali della corsa, ma anche quando siamo stati ripresi non ho perso il senso della corsa, sapevo di poter ancora giocare le mie carte».
Nella sua mente, quella corsa è talmente “fresca” che Michele racconta quella storica volata quasi fosse in presa diretta: «Siamo partiti in due ai -5 e rimasti in fuga per un paio di chilometri, quando ci hanno ripreso non mi sono scoraggiato. Sapevo dovevo entrare davanti sul rettilineo, prima ha lavorato la Qhubeka per pilotare i suoi, ma non mi sono fatto prendere in contropiede e sul vialone finale ero davanti. Lì avevo bisogno che qualcuno partisse per lanciare lo sprint, quando ai 250 metri è iniziata la volata sapevo che avrei vinto. Mi serviva solo che qualcuno scattasse prima di me…».
Gazzoli, che aveva preparato quel Liberazione con un solo mese di allenamento («avevo ripreso a pedalare esattamente il 25 marzo, è incredibile quel che è avvenuto…») ha avuto poi una stagione in altalena, disputando un buon Giro d’Italia ma senza il fondo necessario, proprio per i problemi vissuti durante l’inverno, ma ritrovando la condizione nella seconda parte di stagione fino a sfiorare il podio nel Mondiale U23 vinto dal compagno di colori Baroncini. Ora inizia una nuova avventura, fra i prof con la maglia della Astana Qazaqstan, dicendo grazie al Liberazione: «Quella vittoria mi ha fatto conoscere perché il Liberazione è famoso dappertutto, poche gare hanno un albo d’oro simile. E ora ci sono anch’io…».
comunicato stampa
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