Ospita altalene, scivoli e dondoli, s’illumina di lampioni, lampadine e luminarie, conta su un giardinetto quattrostagioni e su un gazebo invernale, respira aria di mare e trasmette aria di festa, accoglie spettacoli teatrali, sfilate di moda e partite di basket, è addirittura capace di trasformarsi per diventare una pista di pattinaggio.
E’ il parco Emilio De Martino a Rapallo. Inaugurato nell’aprile 2019, è dedicato al giornalista, scrittore e comediografo, direttore della “Gazzetta dello Sport” dal 1947 al 1950, quando regnò tra Bruno Roghi e il consolato composto da Gianni Brera e Giuseppe Ambrosini. “Per molti anni – ha scritto Orio Vergani sul “Corriere d’Informazione” - ho lavorato vicino a Emilio De Martino. Ci separava solamente un corridoio, due porte a vetri; quella del suo ufficio e quella del mio. Più che vederlo, lo udivo. De Martino non concepiva di poter lavorare in silenzio. Dal suo tavolo, comandava come un ‘nostromo’ la sua ‘ciurma’ a gran voce e con grandi grida. Perché gridava. Gridava perché era convinto di avere vissuto una eccezionale giornata di sport, anche se la domenica sportiva era stata, alla prova dei fatti, assolutamente incolore. Ma Emilio non credeva alle giornate ‘incolori’. Ogni sabato si preparavano ‘grandi cose’. Ogni lunedì il bilancio era elettrizzante, e se non lo era, ed era stato, anzi, addirittura deficitario, quel deficit, c’era da giurarlo, preparava una riscossa per la domenica prossima”.
Ogni giorno Rapallo omaggia De Martino (nato a Milano e morto a Rapallo, la sua seconda città con la sua seconda casa) tra giochi e natura, tra cielo e mare, tra bici e piedi, tra palloni e pattini. Una gran bella eredità per chi ha saputo trasferire e tradurre tutto questo mondo stampandolo sulla carta. Non è l’unico giornalista, De Martino, a godere di questo privilegio. Milano ha intitolato i Giardini Pubblici di Porta Venezia (con tanto di statua) a Indro Montanelli, i giardini di via Sismondi a Beppe Viola, l’Arena napoleonica a Gianni Brera e un centro sportivo (l’ex villetta all’Idroscalo) a Candido Cannavò, Bosisio Parini (Lecco) il lungolago allo stesso Brera, senza contemplare tutte le vie e le piazze dedicate a loro e ad altri colleghi. Ed è giusto così: il giornalismo – almeno quello del Novecento – si onorava facendo strada, battendo marciapiedi, scarpinando e sgommando.
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