Un Giro a tappe, presentato a tappe, come una serie di Netflix. Si è cominciato ieri, dall’Ungheria, da dove la “corsa rosa” scatterà il prossimo 6 maggio. Svelate le prime tappe (una in linea, poi la crono e l’altra in linea), il cammino prosegue appunto per tappe, con l’appuntamento fissato per lunedì prossimo, quando saranno rese note le frazioni “veloci”, quelle che interessano agli sprinter. Il giorno seguente sarà la volta delle tappe di “montagna”, mentre mercoledì 10 quelle di “alta montagna”. Giovedì 11 la quinta e ultima puntata della “serie rosa”, dove sarà svelata la sede di arrivo (Verona) e mostrato a tutti l’intero tracciato della “corsa rosa” edizione numero 105.
Nulla di scandaloso, figuriamoci, ci può stare tutto, anche perché c’è di peggio di questi tempi, ma è chiaro che questa presentazione spezzatino (e tutta rigorosamente in lingua inglese) toglie il pathos del “vernissage” e delle grandi occasioni, della cerimonia alla quale non mancare, del giorno dedicato ad un evento che perde di “sacralità”, finendo per logiche di marketing solo di facciata - come il marketing spesso è costretto a fare - per rendere più digeribile una scelta che è chiaramente dettata da una intesa che tra Rcs Sport e Rai al momento non c’è e, di conseguenza, non facile da gestire senza una diretta tivù, come invece ha già fatto il Tour de France presentato in pompa magna il 14 ottobre scorso a Parigi in diretta tivù, nazionale e internazionale.
È chiaro che si può tutto, e non è assolutamente un dramma presentare la nostra più importante corsa a tappe a tappe. È un’opzione. Speriamo solo che si tratti di un’eccezione, un cammeo, come un Gronchi Rosa o una Gazzetta dello Sport verde.