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Ci corse – maglia bianca e rossa - Gepìn Olmo, oro olimpico a Los Angeles 1932, vincitore di due Milano-Sanremo e di 20 tappe al Giro d’Italia. Ci corsero – la maglia bianca e rossa aveva come simbolo una ruota con un’ala fra i raggi e nessuno sponsor per scelta - anche professionisti come Domenico Pedevilla, genovese, e il coppiano Domenico Massa, genovese di Mele, e il coppiano Walter Almaviva, alessandrino di Vignole Borbera. E a manifestazioni organizzate per promuoversi parteciparono anche Gino Bartali e Fausto Coppi.
La Ciclistica. Non solo ciclismo, ma come società sportiva aperta anche a calcio, podismo e nuoto, più tardi aerobica e arti marziali, e sempre calcio balilla, biliardo e carte. Sede a Sampierdarena, via Fillak 98 rosso. Anno di nascita, 1918. Una storia illuminata anche dalla vittoria nella Coppa Italia – ciclismo – del 1926. Una storia popolare, la storia del quartiere, la storia di lotte partigiane, fino alla storia del ponte Morandi, che sovrastava “la tana” e che tre anni fa crollò strappando 43 vite.
Luciano Rosselli ha scritto “La Ciclistica – in viaggio da 100 anni” (Erga edizioni, 112 pagine, 10 euro, con la presentazione di Igino Gelli e l’introduzione di Corinna Praga), dal 1918 al 2018, quando alle 11.36 il cielo piombò addosso a quelle corse, a quelle partite, a quelle sfide, a quelle storie. Ricerche, testimonianze, fotografie: per ricordare, per non dimenticare.
Così alla Ciclistica si pedalava e si correva, si mangiava e si beveva, si chiacchierava e si discuteva. La Ciclistica era la seconda (se non la prima) casa, era la seconda (se non la prima) famiglia, era il numero di telefono cui fare riferimento, era un bar sempre aperto e una cucina sempre attiva, era un fondo cassa magro e un conto in banca vuoto, era coppe e diplomi, era un circolo Arci e una sede Avis. Ed era un luogo di tentazioni. “Non andare alla Ciclistica – raccomandava un padre alla figlia – che ci sono tutti i maschietti”.
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