La Parigi-Roubaix si veste finalmente di rosa, portando le donne ad avere lo stesso impegno degli uomini. Domani, per la prima volta dopo 125 anni dalla sua prima edizione, la Regina delle classiche sulle sue strade infernali accoglierà le cicliste per assegnare la sua prima vittoria al femminile.
Tante saranno le atlete al via: vedremo correre Marianne Vos, Annemiek van Vleuten, Jolien D'hoore e le nostre Marta Barta Bastianelli ed Elisa Longo Borghini. Sono loro le atlete che negli ultimi anni abbiamo visto dominare le corse, loro che di titoli ne hanno conquistati veramente tanti, domani potranno dimostrare le loro qualità sulle strade della terribile Parigi-Roubaix.
Al via ci sarà anche la maglia arcobaleno di Elisa Balsamo che, a differenza delle sue colleghe, potrà fare questa prima esperienza in giovanissima età. Si parla di parità e di diritti e a scherzare su questo argomento è proprio Jolien D'hoore, che diversi anni fa in una prova della Coppa del Mondo a Drenthe tra i premi trovò anche un’aspirapolvere. All’epoca la belga si divertì molto nel ricevere quel premio, sottolineando le pregevoli qualità e l’importanza del'oggetto nella vita di una donna.
Oggi il ciclismo femminile è sicuramente cambiato e lo hanno dimostrato anche importanti squadre del World Tour quando hanno iniziato ad aprire le porte alle donne. La Francia ha fatto scuola in questo senso, tanto che dopo la Parigi-Roubaix il prossimo anno vedremo anche un Tour de France dedicato alle donne.
In Belgio e Olanda la questione è diversa e a dirlo è stata Annemiek van Vleuten, che il titolo Mondiale lo ha vinto nel 2019 e lo scorso anno è arrivata seconda a Imola. «Noi siamo in vantaggio rispetto ad altre nazioni – aveva detto l’olandese –, possiamo allenarci molto di più rispetto alle nostre colleghe. Non abbiamo limitazioni di tempo come avviene per ragazze di altri Paesi».
Marta Bastianelli è convinta che la Roubaix in versione femminile sia un grande successo per le donne. Lei che ha vinto il titolo Mondiale ed Europeo e anche il Giro delle Fiandre, è convinta che il ciclismo in rosa, sia un’opportunità importante per gli organizzatori e che non devono lasciarsi sfuggite le occasioni che verranno da questo movimento. «Questa è un'altra Classica Monumento che si aggiunge all'elenco – ha detto la Bastianelli –. Sarà sicuramente una corsa difficile per noi e potremo dimostrare se saremo all’altezza di fare gare così dure. La chiamano tutti l’Inferno del Nord e noi non vediamo l’ora di misurarci con una gara così».
Per le ragazze sarà una prova importante questa, come si come fondamentale è stato il percorso che hanno fatto per arrivare fino qui. «Correre gare come queste vuol dire avere anche una preparazione diversa dei materiali – ha aggiunto la Bastianelli -. Ci sono squadre che un lavoro come questo lo fanno da più tempo e adesso potranno crescere anche gli altri team in questa direzione».
Cauta la campionessa italiana Elisa Longo Borghini, che in questa Classica sarà un aiuto per le sue compagne. «Non penso che questa corsa sia adatta alle mie caratteristiche – ha detto la piemontese della Trek-Segafredo –, ma penso che sarò più un sostegno per la mia squadra. Conosco molto bene questa corsa perché mio fratello è stato un ciclista e ha corso la Parigi-Roubaix. Il pavè non mi spaventa e sono pronta».
Sarà una competizione femminile importante, che trasmessa in televisione porterà molti vantaggi e aprirà tante porte. Altre ragazze potranno avvicinarsi a questo sport e per gli sponsor questa sarà una vetrina veramente importante, ma deve essere fatto di più per il movimento rosa.
«Naturalmente il ciclismo femminile deve ancora fare dei passi avanti dopo questa prima Parigi-Roubaix – ha spiegato Marianne Vos - Il premio in denaro deve essere ancora migliorato e dobbiamo sforzarci per andare verso una completa uguaglianza. Non c'è ancora una Milano-Sanremo per le donne ma sarebbe bello che ci fosse anche per noi una versione al femminile per questa Classica. I segreti dello sviluppo del ciclismo femminile sono nella crescente professionalizzazione, atlete sempre più competitive e un calendario più ricco. Sono certa che tra 10 anni non parleremo più di differenze nel ciclismo».