“Mi chiamo Bugno Gianni”. E si racconta: la passione (“A tredici-quattordici anni, più o meno, quando ho visto passare sotto casa mia il Giro d’Italia”), la prima bicicletta (“Sarà stata una Graziella, non mi ricordo neanche più... per andare a scuola”), la prima da corsa (“A quattordici anni, di acciaio pesava sedici chili, era di un colore azzurrino, forse Sport France era scritto sul telaio”), la prima da agonismo (“Era una Casati, bianca panna, avevo quindici anni”)...
Il Museo etnografico dell’Alta Brianza (Meab) ha prodotto, nel 2016, con la regia di Massimo Pirovano, otto brevi documentari su otto corridori brianzoli: oltre a quello su Bugno, anzi, “Bugno Gianni”, Sergio e Rosa Casartelli, i genitori di Fabio, poi Tino Conti, Mauro Gerosa, Totò Commesso, Gabriele Bosisio, Silvia Valsecchi e Barbara Guarischi. Storie di genitori appassionati e squadre accoglienti, di oratori e tecnici, di vittorie e piazzamenti, di consigli e sogni. Quella volta che Conti andò a prendere Eddy Merckx, quella volta che Casartelli conquistò l’Olimpiade di Barcellona, quella volta che Gerosa disputò – dopo cinque Giri d’Italia dal 2000 al 2004 – Tour, Vuelta e tutte le prove di Coppa del mondo, e poi rimase a piedi, quella volta che Bugno scelse la bici perché gli piaceva “essere itinerante”. Quella volta che si andava “a manetta”, quella volta che “allora c’erano le spinte”, quella volta che “voi italiani sempre i soliti”, quella volta che “non mi andava su il 26”, quella volta che... Una fonte primaria, che rimane nel tempo, base di lavoro per ricerche, indagini, ricostruzioni storiche.
I documentari si possono sempre vedere sul canale YouTube del Parco Monte Barro oppure, in un’edizione unica ma ridotta (quasi 80 minuti), su YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=WfWWn_vGZlY
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