Lo hanno accompagnato in paese su una limousine con tanto di bandiere tricolori, gli hanno fatto da scorta i giovanissimi ciclisti della Jam’s Bike e della Buiese, dietro di lui mamma e papà su una splendida autobianca scoperta, di quelle che ti permettono di fare un figurone il giorno del matrimonio. In piazza, tutto il paese, i cittadini composti e rigorosamente distanziati, ma pronti ad alzarsi in piedi nel segno del massimo tributo, un maxischermo per diffondere le immagini del corteo e poi quelle dell'impresa olimpica, e il palco che a Jonathan Milan dev'essere sembrato immenso.
Il ventenne gigante azzurro, infatti, ha parlato poco, evidentemente emozionato per un'accoglienza che non avrebbe mai pensato di ricevere così come forse, partendo per Tokyo, solo nei sogni sognava di conquistare la medaglia d'oro.
Applausi e ovazioni per lui, metà del pubblico a gridare "Jonathan" e l'altra metà a rispondere "Milan" in una notte di festa che tutta Buja non potrà dimenticare. Una notte dalla quale ci giunge ancora una volta il pensiero profondo con l'invito a rispettarci reciprocamente, tra automobilisti e ciclisti, sulle strade. Perché è proprio sulle nostre strade che nascondo favole come quelle di Jonathan Milan. Favole che, per un campione olimpico come per un anonimo appsssionato, meritano tutte un lieto fine.
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