«Torneremo ad allenarci in Svizzera. Preferibilmente a Grenchen o Aigle». Edoardo Salvoldi ce lo racconta come se fosse normale: l'unica pista al coperto che abbiamo in Italia sta per richiudere i battenti. Il velodromo di Montichiari, in provincia di Brescia, ha bisogno di lavori di messa a norma, previsti da metà ottobre. Per almeno 4 mesi non sarà agibile e utilizzabile.
Dino lo racconta come se non fosse uno scandalo, semplicemente perchè come Marco Villa è abituato a lavorare sodo, senza mai fare polemiche, spaccando in quattro i pochi euro a disposizione, noccioline di contributi rispetto ai budget di potenze come Australia, Gran Bretagna, Germania e Danimarca. «I lavori al velodromo sono indispensabili per ospitare più gente, far allenare i ragazzi delle categorie giovanili, aprirlo finalmente per le gare. Speriamo di riaverlo a disposizione quanto prima. Nel frattempo faremo come abbiamo fatto per tutto il periodo di qualificazione a questi Giochi da luglio 2018 all'inverno 2019, andremo a Fiorenzuola, al Vigorelli e all'estero».
I nostri ragazzi d'oro sono abituati a viaggiare, ma meritano di avere una casa in cui non piova dentro e dove possano preparare nuovi assalti ai primati mondiali. Il titolo olimpico di Tokyo2020 sicuramente aiuterà il movimento e darà ossigeno in vista di Parigi2024. «Analizzando quanto siamo riusciti a ottenere solo con un velodromo a mezzo servizio, pensate a cosa potremmo raggiungere se fossimo messi nelle stesse condizioni dei nostri avversari – prosegue Salvoldi, uno dei tecnici più medagliati dello sport italiano. - In Italia anche se cerchiamo di promuovere tutte le specialità, la strada la fa da padrone. La gestione degli atleti è condivisa con più soggetti, dobbiamo come federazione confrontarci con i team, i preparatori personali, il che non è sempre semplice ma è nella nostra natura e ci riesce bene, come dimostrano i risultati. Altre Nazionali adottano modelli diversi. Non dobbiamo copiarle a tutti i costi, ma sarebbe tutta un'altra vita avere a disposizione le stesse strutture, lo stesso numero di persone coinvolte, indispensabili per alzare il livello del reclutamento, maggiori investimenti. Uno dei difetti più grandi dello sport è non avere memoria, noi non dobbiamo dimenticarci il nostro passato, di strada negli ultimi anni ne abbiamo fatta parecchia, la vittoria di ieri dei ragazzi e la continuità di rendimento del settore femminile non arrivano dal nulla, ma possiamo e dobbiamo percorrerne altra. La nuova dirigenza della FCI sta dimostrando una forte volontà in questo senso quindi sono fiducioso. Se ci daranno gli strumenti adeguati, a completare l'opera poi ci pensiamo noi».