Tra i tanti risultati di questo ultimo Tour, anche il tema della sicurezza ha avuto la sua parte, e non sempre nel modo giusto. In particolare per quanto avvenuto nelle prime tappe, dove alcune eclatanti cadute seguite da eccellenti ritiri, hanno inevitabilmente occupato gli spazi della discussione, della critica, della polemica, inducendo ad una emotiva ricerca di soluzioni immediate, tra cui la sperimentazione di estendere la zona di neutralizzazione come nel finale della tappa di Carcassone.
Un “pannicello” di maggior tutela per chi cura la classifica, ma che non riduce assolutamente i rischi di cadute, per lo più legate a strategie di finali forsennati, irrigiditi da blocchi di intere squadre a protezione del loro velocista o capitano. Una sorta di “tutti avanti” negli ultimi 20 chilometri, con il gruppo a gonfiare sull’intera sede stradale, come un palloncino che scorre a fatica dentro un tubo troppo stretto.
Certamente, per la sicurezza, tutto va osservato e nulla trascurato o intentato, ma mentre quasi tutti, ancora una volta, hanno riflettuto, lamentato e proposto osservando unicamente le conseguenze di certe cadute, non altrettanto si è compreso e stigmatizzato ciò che invece gli organizzatori del Tour hanno quest’anno portato sul terreno della sicurezza, innovando il modo di segnalare e proteggere gli ostacoli presenti sulla carreggiata. Uno studio che interviene su quelle circostanze che, ormai, purtroppo, rischiano di trasformare le corse in veri percorsi ad ostacoli, gimcane, labirinti di cui capire da che parte uscirne.
Situazioni che notiamo, in particolare, negli attraversamenti dei centri abitati, dove gli arredi urbani, i dossi e le chicane “rallenta traffico”, hanno raggiunto livelli di fantasia assoluta, o, meglio dire, di pericolosità assoluta!
I francesi dell’ASO, infatti, con una scelta molto coraggiosa e un pochino azzardata, hanno deciso di abbandonare quasi per intero la segnalazione degli ostacoli e dei punti pericolosi fatte dagli agenti della Gendarmeria in moto, le così dette segnalazioni dinamiche, per sostituirle unicamente con le protezioni passive.
Non più agenti, talvolta in piedi sulle staffe delle loro moto, ad agitare le loro bandierine triangolari gialle, per segnalare rotonde, spartitraffico, strettoie, dossi e quant’altro possa sporgere sulla carreggiata, bensì invece, protezioni di materiale sintetico avvolto in un tessuto plasticato a strisce bianche e rosse, facili da individuare, messe ovunque sia ipotizzabile un punto di rischio. Riducendo in tal modo anche il via-vai di motociclisti della scorta, coi loro sorpassi per portarsi di nuovo avanti, a segnalare sempre più, con manovre anch’esse rischiose, se non quando di disturbo ai corridori.
Niente più di tutto questo anche nei finali di gara, dove certe serpentine, seppure ben indicate da queste vistose protezioni passive, lasciavano con il fiato in gola, come fosse una roulette russa.
Arrivi anche esteticamente più apprezzabili, con immagini esclusivamente fatte di corridori, senza nessuna moto “safety” a precederli nell’intento di indicare loro le traiettorie migliori, come invece è diventata una discutibile abitudine italiana.
Il risultato finale è che questa scelta dei francesi è stata premiata in toto, senza cadute o ricadute negative di alcun genere. Stabilendo un esempio di soluzione sulla quale riflettere ed anche misurarsi, ricavandone magari soluzioni intermedie, coscienti che quanto fatto al Tour ha dei costi organizzativi molto elevati, con grande impiego di manodopera e mezzi di trasporto. Da integrare con l’uso di colonnine a pannello luminoso e segnalatore acustico, per indicare le difficoltà di una curva, di un restringimento di carreggiata o di uno spartitraffico superabile da entrambi i lati. Strumenti anche questi costosi e abbastanza complicati da gestire, ma molto efficaci, che dopo i francesi altri organizzatori vanno fortunatamente copiando, visto il vantaggio anche di non esporre gli addetti alle segnalazioni manuali al rischio di essere loro stessi investiti dai corridori.
Sempre al Tour, buono anche il modo di frecciare il percorso con pannelli di colore giallo limone fluorescente, i più efficaci che esistano, da quest’anno differenziati tra quelli che stanno sull’incrocio e quelli che ti avvisano che stai per arrivarci, lasciando ai conducenti di moto e di auto al seguito, lo spazio utile per predisporsi alle svolte nel modo meno azzardato possibile.
Un Tour quindi molto interessante per la ricerca della sicurezza, anche se a fare notizia sono stati gli incidenti e non le soluzioni per evitarli. Peccato, perché un po’ tutti gli organizzatori, a partire da quelli nostri, meriterebbero maggiore considerazione per le continue e svariate difficoltà che devono affrontare.