Il colpo di Taco è alla Maradona, niente da dire. Lo confesso, senza ritegno e senza ipocrisie: anch'io nel finale mi sono ritrovato a fare il tifo per l'olandese, teso sulla sedia come uno stoccafisso, sperando che questo Van Der Hoorn tenesse duro anche solo di un secondo, per completare il filotto di un ciclismo seppiato, cioè fuga dall'inizio alla fine, con immane dispendio di coraggio e di energie.
Però, però. In contemporanea, mi è lampeggiato continuamente davanti un antico dogma che mi hanno sempre declamato i grandi maestri dell'ammiraglia: perchè una fuga così temeraria arrivi in porto serve sicuramente un grande fuggitivo, su questo non si discute, ma dietro serve anche un sontuoso gruppo di imperdonabili polli. E per quanto adesso tutti si sforzino di raccontarci le loro attenuanti, specifiche o generiche, per quanto ci svelino i loro singoli problemi di giornata, non posso non ammettere che pure questa volta il dogma ha colpito. Alla grande, senza possibilità di smentita. C'è poco da fare: dietro a un immenso Van Der Hoorn si è mosso un impareggiabile gruppo di polli.
Naturalmente non si parla della squadra di Ganna, maglia rosa cui una fuga innocua fa solo un gran comodo. Ovviamente non si parla delle squadre che hanno in testa soltanto le montagne per l'assalto alla classifica generale. Si parla delle altre, e non sono poche, che queste tappe di medio cabotaggio devono metterle doverosamente nel mirino, usando i muscoli e prima ancora la testa.
Sull'intera questione aleggia un verdetto desolante: squadre attrezzate e partite per questo genere di tappe non possono arrivare spolmonate a 4'' da un fuggitivo che sta fuori dall'inizio. Non esistono scusanti, non deve succedere e basta. Se succede, complimenti sinceri al vincitore, ma prima ancora qualche domanda imbarazzante a chi doveva prenderlo prima. Si sente persino dire “chi poteva immaginare che Van Der Hoorn andasse così forte”. Fatemi capire: riunioni tecniche a tutte le ore, studi di tracciati e di venti e di pendenze, per partire poi con la convinzione che gli avversari vadano piano? Fatemi capire: dovrei credere che la variabile forza del fuggitivo non viene presa in considerazione?
Mettiamola così: rinuncio a capire e mi godo il dibattito. Col senno di poi, ciascuno può dire serenamente la sua, motivo per cui io stesso dico la mia. Dico ad esempio che la Bora ha cercato davvero in tutti i modi di riportare sotto Sagan, questa sì è una squadra che ha dimostrato di volere a tutti i costi la tappa. Ma le altre, le altre: le piccole avevano gli uomini in fuga con Van Der Hoorn, e va bene, ma la Cofidis di Viviani, la Uae di Gaviria, la Israel di Cimolai (poi secondo, tu guarda la disdetta), più l'altra mezza dozzina di team che per sua natura deve concentrarsi su questi traguardi intermedi, domanda, dov'era tutta questa bella gente? Che cosa hanno pensato i loro strateghi? Soprattutto: che cosa hanno aspettato?
Senza offesa per nessuno: errore collettivo da veri polli. Non si arriva a 4'' da un fuggitivo solitario se non si sono commessi errori. Punto e stop. Caso mai, si può dire che l'errore è contemplato dallo spartito. Sbagliare succede, anche ai migliori. Basta riconoscerlo e imparare qualcosa. Evitando di chiudersi nell'angolo menando sberle a casaccio per difendere la propria infallibilità. Anche al Giro, che si dice metafora della vita, l'errore resta fondamentale, per chi lo sappia cogliere e riconoscere: serve a crescere e a uscirne migliori. Bisogna avere soltanto l'umiltà di accettarlo. Averne, di questa umiltà.
Per quanto mi riguarda, ringrazio doverosamente l'errore dei polli perchè da questo errore è uscita una tappa molto bella. Da parte mia, tranquillamente riconosco l'errore mio: pensavo che Van Der Hoorn l'avrebbero ripreso sull'ultimo strappo. Mi metto le orecchie dell'asino e mi tengo stretta la stupenda fuga vintage. Senza errori, neanche Einstein sarebbe diventato Einstein.