Oggi, nella fase iniziale della seconda tappa del Giro d’Italia, Stupinigi-Novara, la maglia rosa e i suoi compagni di strada transiteranno da Virle Piemonte, il piccolo paese del Torinese che custodisce le spoglie di Bartolomeo Aimo, un corridore che oggi pochi ricordano, ma che negli anni Venti del secolo scorso seppe rivaleggiare a testa alta con i grandi dell’epoca: Girardengo, Brunero, Belloni e Bottecchia. Salì infatti quattro volte sul podio finale del Giro d’Italia (una volta secondo e tre volte terzo) e due volte al Tour de France (due volte terzo).
Ma Aimo, che negli almanacchi del ciclismo eroico viene chiamato anche Ajmo e Aymo, non ricorre solo negli annali del pedale. Tale è anche il nome che Ernst Hemingway assegnò ad uno dei suoi autisti nel grande romanzo “Addio alle armi”, in cui racconta la Grande Guerra sul fronte italiano, con sicuri riferimenti a vicende e personaggi effettivamente incontrati. Non è dato sapere se Bartolomeo, che in effetti combattè la guerra nei reparti del Genio, incontrò davvero il grande scrittore, anche perché il personaggio del romanzo, al contrario della realtà, muore al fronte. Ma è sicuro che proprio a lui Hemingway, profondo conoscitore del ciclismo, si ispirò, ben conoscendone le gesta al momento di scrivere il romanzo, pubblicato nel 1929. Questo per sottolineare la popolarità di cui godevano in quegli anni corridori le cui gesta sono state poi progressivamente sepolte sotto la polvere del tempo.
Bartolomeo Aimo era nato nella vicina Carignano il 24 settembre 1889 e aveva cominciato a correre in bici in Argentina, dove era emigrato nel 1914 dopo aver preso parte alla guerra di Libia. Tornò in Italia in tempo per partecipare anche alla Grande Guerra e poi potè finalmente iniziare la carriera professionistica nel 1919, ormai trentenne. Benchè fossero trascorsi gli anni in cui avrebbe potuto esprimere al meglio le sue qualità, Bartolomeo non tardò a rivelarsi uno dei migliori scalatori del gruppo: un duro che, pur non disdegnando ottimi piazzamenti nelle gare di un giorno, seppe distinguersi soprattutto nelle corse a tappe. Già nel ’21 fu 3° nel Giro d’Italia vinto dal compagno di squadra Giovanni Brunero e l’anno dopo salì sul secondo gradino del podio della corsa rosa, sempre alle spalle del canavesano. Nel ’25 mise nel mirino il Tour: vinse la tappa-clou di Briancon e finì 3° in classifica (vinse Ottavio Bottecchia), piazzamento che seppe ripetere nel ’26 dopo aver rivinto la frazione di Briancon ed essere transitato al comando sul Vars e sull’Izoard.
Aimo è tuttora il più anziano corridore ad essere salito sul podio finale del Giro (nel 1928, a 38 anni, 8 mesi e 10 giorni) ed il più anziano italiano ad aver vinto un tappa del Tour (nel 1926, a 36 anni, 8 mesi e 19 giorni). Dopo aver attaccato la bicicletta al chiodo si trasferì a Torino ed aprì un negozio da ciclista in Rondò della Forca. Morì l’11 dicembre 1970 ed è sepolto a Virle Piemonte. Aveva un fratello maggiore, Pietro, che era stato anche lui un buon professionista, ma senza risultati di rilievo.
da La Stampa – edizione di Torino
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