Il bergamasco Beppe Maffeis, classe 1944, merita di essere ricordato nella galleria di vecchie glorie dell’Astigiano poiché tra i suoi numerosi e importanti successi (tra i quali spiccano un Giro dell’Uruguay, una Montecarlo-Alassio, un G.P. Liberazione a Roma e un Piccolo Giro di Lombardia, nella foto in alto) ce n’è una, ottenuta a Montegrosso d’Asti, che merita di essere raccontata per la sua… gustosa particolarità.
Se la ricorda, Beppe, quella vittoria?
«Certo che sì, era l’8 ottobre 1969, un mercoledì, e con la squadra del Centro Sportivo Fiat di Torino, dove ero approdato proprio quell’anno, siamo venuti a Montegrosso a disputare il Circuito della Valtiglione, che negli anni precedenti era stato vinto, tra gli altri, da corridori poi emersi anche tra i professionisti come Italo Zilioli, Gianni Motta, Vladimiro Panizza e Franco Mori».
Come andò?
«Era un periodo che andavo bene, nelle settimane precedenti avevo vinto il Giro del Sestriere, due tappe della Nizza-Torino e una cronosquadre a Torvaianica (Roma), dove noi del Fiat avevamo rifilato 3’ ai tedeschi dell’Ovest. Ma quel giorno a Montegrosso non sentivo gli stimoli giusti e a metà corsa avevo quasi deciso di ritirarmi, per risparmiare energie in vista della corsa della domenica successiva a Bergamo a cui tenevo molto poiché si disputava sulle mie strade».
E invece?
«Invece il mio Direttore Sportivo Giuseppe Graglia, con il quale all’inizio c’erano state alcune incomprensioni quando ero arrivato al Fiat, ha avuto una intuizione geniale: a 20 chilometri dall’arrivo mi ha allungato una borraccia, che però non conteneva acqua bensì spumante freschissimo. Dopo averlo bevuto mi sono sentito rigenerato e nel finale ho piazzato la stoccata vincente, che mi ha permesso di guadagnare un centinaio di metri e di mantenerli fin sotto lo striscione d’arrivo. Secondo giunse il biellese Gianni Rossetti, terzo Franco Peruzzo, che in quella stagione correva per il Cavallino Rosso ma che qualche anno dopo sarebbe diventato mio compagno di squadra al Fiat».
Lo spumante era dunque il suo doping?
«Beh, con me funzionava. Anche quattro giorni dopo a Bergamo ho staccato tutti nel finale dopo aver bevuto una borraccia di spumante fresco. Ma bisognava calcolare bene i tempi. Una volta l’ho bevuto troppo presto, poi nel finale ho rischiato di addormentarmi in bici…».
Ha altri ricordi astigiani?
«Come risultati, rammento solo un 5° posto alla Coppa Città di Asti del 1969, una delle prime gare che ho disputato con il Fiat. Ma il ricordo più bello è legato a Franco Balduzzi, il più estroso e il più forte dei miei compagni di squadra, che abitava a Casorzo e che spesso passavamo a prendere per allenarci insieme sulle colline del Monferrato. Con Franco abbiamo corso e vinto in tutto il mondo, dal Giro dell’Uruguay alla Vuelta del Messico, dalla Praga-Varsavia-Berlino a numerose corse in Francia. Quando Balduzzi era in giornata gli avversari correvano per il secondo posto».
Dove abita ora, Beppe?
«Dopo le quattro stagioni al Fiat sono tornato a vivere a Cene, il mio paese natale. Ma il mio legame con il ciclismo non si è mai spezzato. Oltre a mia sorella Elisabetta, che è stata campionessa italiana e sei volte azzurra ai mondiali, ha corso in bici anche mio figlio Eddy, che ho chiamato così in onore del grande Merckx. Da molti anni sono Presidente della Scuola Ciclismo Cene e spesso con la mia squadra veniamo a correre in Piemonte. Nel 2019 il nostro Davide Persico è arrivato 2° nella corsa Juniores di Montemagno».
da La Stampa – edizione di Asti
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