EOLO KOMETA. PATRON PEDRANZINI E I VERI VALORI DA TRASMETTERE

INTERVISTA | 05/04/2021 | 07:15

Radici. Ecco: se c’è una parola che torna alla mente parlando con Giacomo Pedranzini – l’ad di Kometa – è proprio questa. Radici. Non c’è pensiero, non c’è risposta, non c’è immagine che non rimandi a questa semplice parola: radici. Le radici che servono per stare saldi, le radici che servono per vivere, le radici che servono per tenerti sempre e comunque con i piedi per terra, le radici che non ti fanno mai dimenticare da dove arrivi e ti portano in profondità. Tre anni fa, Kometa ha deciso di affiancare il suo nome a un progetto: quello di una squadra di ciclismo che fosse in grado di trasmettere i valori e le peculiarità del suo nome. Oggi, il progetto iniziale è cresciuto grazie all’arrivo di un marchio importante come Eolo: ma l’idea iniziale, quella, è rimasta la stessa.


“Sono stati – dice Giacomo Pedranzini – tre anni molto impegnativi e difficili, soprattutto l’ultimo. Ma sono stati anche tre anni in cui abbiamo confermato «quegli obiettivi che ci eravamo prefissi di conseguire. Probabilmente avremmo potuto fare meglio, probabilmente non abbiamo dedicato a questo progetto tutto il tempo e le energie che sarebbero servite, ma abbiamo messo tutto quello che potevamo: da ogni punto di vista. Ci eravamo prefissi un percorso, abbiamo fatto la strada che volevamo fare».


Raccontiamolo, questo percorso.
«Un percorso iniziato quattro anni fa. Per più di un anno ho cercato di evitare di incontrare Ivan Basso perché sapevo che, se lo avessi incontrato, avrei rischiato di non essere capace di dirgli di no e mi sarei imbarcato in una cosa più grande di noi. Perché Ivan mi piaceva come atleta  e quindi,  temevo,  mi potesse piacere anche il progetto che mi avrebbe proposto e  il sogno che l’accompagnava».

Poi?
P«oi… poi purtroppo l’ho incontrato. E incontrandolo, ho messo a fuoco quello che avremmo potuto fare, ho capito in che modo la sua idea sarebbe stata utile per Kometa. Ed è stata una scintilla, che abbiamo racchiuso in due parole, unite: HonestFood».

Due parole, dietro alle quali c’è un mondo intero…
«Due parole dietro alle quali c’è il nostro mondo. C’è il nostro modo di vivere quello che facciamo e di essere azienda, c’è il nostro desiderio di offrire un modello di vita e di alimentazione sano ma allo stesso tempo alla portata di tutti. Onestà: se un cibo è onesto, può solo fare del bene. Perché non racconta bugie, non cerca scorciatoie, non nasconde nulla. Ecco, noi volevamo raccontare questo: e la squadra di ciclismo poteva davvero essere il veicolo giusto».

E lo è stato?
«Abbiamo trovato quello che cercavamo. Prima di tutto, abbiamo trovato le persone giuste: Ivan, ma anche Fran e Alberto Contador.  Sono contento del modo in cui abbiamo affrontato questi anni, a partire dal modo in cui abbiamo gestito le difficoltà».

E come avete comunicato il vostro modello di HonestFood?
«Siamo stati capaci di trasmetterlo e di metterlo nelle condizioni di camminare sulle sue gambe. Decisivo è stato l’incontro con Valerio De Molli con il quale abbiamo iniziato un percorso comune sulle tematiche del food and beverage. La tematica dell’HonestFood è diventata centrale, tanto che insieme organizzeremo un forum dedicato a Bormio, nella nostra Valtellina. Un’idea ambiziosa, che De Molli ha ribattezzato “la Cernobbio del Food”».

E il ciclismo, in questo, cosa c’entra?
«Alimentazione significa salute, significa vita sana. Ecco che lo sport, e uno sport come il ciclismo, c’entra eccome: anzi, è parte integrante dell’idea».

Quest’anno, qualcosa è cambiato. L’arrivo di un imprenditore come Luca Spada e la sua Eolo hanno permesso un salto di qualità decisivo…
«Con Luca Spada è arrivato un “condottiero”. Perché lui è stato capace di portare quell’energia in più che serviva a questo progetto: sono contento che lui abbia assunto il ruolo di leader – di condottiero, appunto – di questo progetto perché noi eravamo arrivati al limite delle forze e delle possibilità. Abbiamo tenuto fede a tutti gli impegni assunti, e questo è motivo di orgoglio: ma serviva un cambio e serviva una guida decisa come quella assunta ora da Luca».

E ora, come cambia il progetto?
«Eolo e Kometa sono due aziende che hanno sintonia di valori, perché io e Luca Spada condividiamo visione e punti fermi: quando ci sono queste premesse, le cose di solito vanno bene. E io sono convinto che il prossimo triennio consoliderà il nostro progetto e aumenterà in modo esponenziale la nostra visibilità. La speranza è che anche la squadra, gradualmente, inizi a far parlare di sé grazie ai successi, alle emozioni trasmesse e ai valori difesi».

Ecco, i valori. Quali sono i vostri valori?
«Quelli di un contadino di montagna che, non per scelta sua, ha smesso di andare a scuola a dieci anni. Un contadino che ripeteva sempre ai suoi figli una frase: “Le parole volano, l’esempio trascina”. Un contadino di montagna che si chiamava Ernesto, ed era nostro padre».

Continui…
«Lui ci ha trasmesso tre valori fondamentali e una qualità. Onestà. Impegno massimo nel proprio lavoro. Professionalità. In quest’ordine, perché l’onestà è la condizione di base, l’impegno è necessario e la professionalità arriva di conseguenza…».

Aveva detto tre valori e una qualità! Ci  ha detto solo dei primi…
«La qualità è quella che al sottoscritto costa più fatica, e si chiama gentilezza. Si può essere un po’ duri, può capitare di essere alle volte un po’ rudi, è normale: ma gentilezza significa vivere bene insieme agli altri, significa essere aperti verso chi ci sta di fianco. Significa rispettare le persone più semplici. Queste sono le lezioni che ci ha lasciato nostro padre».

E come ha fatto a lasciarvi queste lezioni?
«Con l’esempio, portandoci fin da ragazzi a lavorare nei campi o in malga con lui, vivendo. Scuole di vita, che per essere frequentate richiedono fatica, ma che lasciano un segno indelebile sulla vita».

Cosa si aspetta dalla squadra EOLO-KOMETA?
«Vorrei che il nostro team venga sempre riconosciuto come un esempio positivo, come portatore di ottimismo e di moralità in una società che purtroppo negli ultimi trent’anni ha vissuto un declino costante culminato con l’esperienza devastante della pandemia. Siamo in un momento storico in cui c’è un grande bisogno di esempi positivi, di fiducia, di spinte silenziose per impegnarsi tutti allo spasimo per ricostruire sopra le macerie. Forse sto esagerando un po’, ma ogni tanto si può esagerare: o no? E poi, mi aspetto che la squadra ci aiuti a comunicare il nostro HonestFood».

La squadra sarà al Giro d’Italia… un’occasione meravigliosa per farsi conoscere e comunicare…
«E noi ne siamo felicissimi. Anche in questo caso, parlo di nostro padre che aveva come modelli di vita, oltre all’onestà, anche la laboriosità e la perseveranza: ecco, credo sia stata questa ad averci portato al Giro. Lo scorso anno è stato difficilissimo, per il team e per la Fundacion Contador: però abbiamo perseverato, abbiamo onorato ogni impegno, gli atleti hanno rinunciato a una fetta del loro compenso e qualcuno dello staff o al vertice dell’organizzazione addirittura a tutto lo stipendio. Abbiamo perseverato, tutti e tutti insieme: questa perseveranza ha posto le basi per l’arrivo di Luca Spada e per questo passo importante. Un passo che abbiamo potuto fare perché abbiamo resistito e perseverato!».

Una parola: Valtellina.
«La nostra terra. Le nostre radici. Il nostro passato e il nostro presente. Il modo di essere di Kometa: noi montanari siamo un po’ chiusi e rudi ma siamo sempre impegnati nel rispettare gli impegni che ci assumiamo, non ci spaventa la fatica. Questa è l’eredità che ci hanno lasciato generazioni e generazioni di valtellinesi, ed è bello che anche la Valtellina contribuisca in modo diretto e reale a questo progetto: sulle sue montagne il ciclismo ha scritto pagine bellissime, Ivan Basso e Alberto Contador hanno centrato vittorie e imprese meravigliose. Tutto, torna: e tutto affonda le sue radici nel passato. Un passato che mi piacerebbe venisse raccontato un po’ di più».

A chi e da chi?
«Ai nostri bambini e ai nostri ragazzi, dalla scuola. I nostri bisnonni, i nostri nonni,  le nostre mamme e i nostri papà, e non parlo solo dei valtellinesi, ma degli italiani tutti, ci hanno regalato qualcosa di grandioso: libertà e benessere. Ed è un peccato che la scuola non ne parli abbastanza, che non lo trasmetta, che non insegni il nostro passato perché venga onorato e mai più dimenticato».

Onestà, anzi: HonestFood. Sta tutto scritto qui…
«Abbiamo deciso di scrivere queste parole sulle divise dei nostri ciclisti, sulle nostre macchine e sul nostro pullman. E io credo che per legare la parola “onestà” a una squadra di ciclismo, così come al proprio lavoro, serva un po’ di coraggio, ma soprattutto serva una convinzione fortissima nel messaggio che si vuole trasmettere. Noi abbiamo fiducia nei nostri valori, siamo certi della loro potenza. Siamo ache coscienti di essere umani e fallibili. Se cadremo … sapremo rialzarci. Se sbaglieremo… sapremo chiedere scusa e riparare. E siamo certi che questi ragazzi siano le persone giuste per farli propri e trasmetterli: quando indosseranno questa divisa nelle corse, quando non la indosseranno nella vita di tutti i giorni».

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