Il capo di imputazione è istigazione a delinquere aggravato dalla diffusione a mezzo informatico.
“Denunciai questa persona – scrive Marco Cavorso, che perse il figlio Tommaso, esordiente di 13 anni dell’Aquila Ponte a Ema, nell’agosto del 2010 investito da un furgone mentre si allenava in bici nei pressi di Rufina in provincia di Firenze - proprio per dire basta a questo modo incivile di approcciare il problema della sicurezza stradale. Questo è un avvenimento unico in Italia e mi auguro che impedisca, in futuro, a chiunque, di diffondere il mito della sopraffazione e della violenza anche verbale nei confronti degli utenti deboli della strada quali sono i ciclisti. Ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutato in questa battaglia civile, in particolare Carlo Iannelli che mi ha dato la sua assistenza legale e il sindacato dei ciclisti professionisti italiani ACCPI (Associazione Corridori Ciclisti Professionisti Italiani) che è stato riconosciuto stamattina parte civile. Rispetto ed educazione ..... first!!!“.
Ricordiamo che Marco Cavorso è il referente della sicurezza stradale della citata Associazione e come ha confermato non gli interessano eventuali risarcimenti, e se ci saranno andranno a progetti per la sicurezza dei ciclisti o all’ospedale Meyer di Firenze.
“Come risarcimento danni solleciterò – ebbe a dire già in passato Cavorso – il giudice a riconoscermi la somma simbolica di 20 centesimi. E’ quanto mi chiese mio figliol Tommaso, prima di partire per la sua ultima sgambata. Venti centesimi costava un ciucciotto di zucchero, lo avrebbe mangiato in bici per darsi un po’ di energia”.
Rinviata a giudizio la persona che nei #social scrisse: "Investire un #ciclista per educarne 100". Il capo di imputazione, in questo processo di cui #ACCPI è parte civile, è #istigazione a #delinquere aggravato. Il commento del nostro @CavorsoIM2444 👇🏼https://t.co/XeqC8A0KrK
— ACCPI Assocorridori (@ACCPI1946) March 24, 2021