La prima volta ci si perde. La strada si inerpica, si divide, si inoltra. E i dubbi si moltiplicano. Poi, un po’ seguendo le istruzioni, un po’ obbedendo all’istinto, o forse solo affidandosi al navigatore, finalmente si arriva.
Dalla seconda volta in poi, qualche dubbio rimane, ma si viene guidati, se non dalla forza della memoria, almeno dal senso di appartenenza. E si arriva in quell’oasi – borgo?, villaggio?, caseggiato? – dove ci si riconosce, immediatamente e magicamente, meno aggressivi e più mansueti, meno frenetici e più riflessivi, meno muscolari e più mistici.
Il convento e la chiesa di Santa Lucia alla Castellina si trovano a Sesto Fiorentino sulla collina di Quinto Fiorentino per – verrebbe da aggiungere – il quarto stato. Un centro spirituale spalancato al mondo del ciclismo. Qui il Premio Coraggio e Avanti, qui incontri e appuntamenti, dalle riunioni delle glorie della Filotex ai convegni di tecnici e giudici. Qui tanti protagonisti dello sport della bicicletta, e dunque della vita, da Alfredo Martini a Francesco Moser.
Dietro le quinte e gli altari, fra uffici e sacrestie, c’era Giancarlo Vannucchi. Era uno di quelli che tesseva e stringeva, che chiamava e telefonava, che scriveva e rispondeva, che faceva gruppo e squadra. Amava parlare di questo centro come una grande famiglia, allargata e allungata, capace di accogliere e raccogliere anime dimenticate e smarrite, soprattutto quelle di corridori ormai stanchi o sempre smaniosi di pedalare, vecchi gregari ricchi di racconti e giovani promesse piene di speranze.
Oggi, alle 16, nella parrocchia della Resurrezione di Prato, in via Tommaso Pini 52, si celebra il funerale di Vannucchi. Ma spiritualmente saremo tutti lì, alla Castellina. La grande famiglia, allargata e allungata, ha perduto un suo bel pezzo.
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