È commosso, ma non sorpreso, perché lo sapeva e lo desiderava, e come sua abitudine lo dice, senza girarci tanto attorno. «Al “Timone d’Oro” ci tenevo davvero. Guardavo i miei colleghi che di anno in anno l’avevano ricevuto e pensavo: forse un giorno toccherà anche a me…».
Serge Parsani, sessantanove anni da compiere ad agosto, è sorridente, sereno e disteso come pochi. I suoi occhi brillano di commozione più ancora di quel trofeo di cristallo con incisi i nomi dei suoi predecessori che ha tra le mani. Un premio alla carriera di direttore sportivo più che meritato, anche se qualcosa manca… «Mancano soprattutto loro, i miei colleghi, quelli che mi hanno anticipato, prescelto e quelli che verranno dopo di me. Però sono contento di avere qui a Milano (nello studio del presidente dell’ADISPRO Davide Goetz, proprio in piazza Duomo, sotto la Madonnina), Luca Guercilena e Mario Chiesa, due ragazzi che oggi non solo sono uomini, ma sono due bravissimi colleghi. Luca, che ho avuto alla Mapei, oggi è uno dei team manager più apprezzati di tutto il circus World Tour; Mario, che ho avuto in Asics, è uno dei tecnici più precisi e scrupolosi che io abbia mai incontrato: nella gestione di un team è semplicemente pazzesco. Avere qui loro due è già qualcosa. Vorrà dire che non appena potremo tornare a fare “gruppetto”, festeggerò con tutti gli associati di Adispro».
Serge è stato corridore di buon talento, con vittorie di tappa al Tour e al Giro. Professionista dal 1974 al 1983, vestendo solo e soltanto una maglia: quella biancoceleste della Bianchi. Poi tecnico alla Gewiss-Bianchi dall’87, prima di passare alla GB- MG Boys, Asics CGA, Mapei, Quick-Step, Katusha, Farnese Vini fino alla Wilier Triestina.
Soddisfatto l’avvocato Davide Goetz, con un passato da ciclista nelle categorie giovanili con la maglia della gloriosa Biancorossi Terziroli. Una decina di vittorie e poi la presa di coscienza: meglio lo studio. «Ma la passione è quella di sempre, perché il ciclismo è uno sport che ti resta appiccicato sulla pelle – dice lui che si è ritagliato un paio di ore ricreazione per parlare di due ruote -. Io sono grato a questa associazione, che mi ha chiamato, mi ha voluto, mi sta facendo vivere ancora un sogno nello sport che più amo. Sono grato a tutti i miei associati, ma in particolare proprio a Serge. È grazie a lui che io oggi sono il presidente di questo gruppo di uomini eccezionali. Lui, ai tempi della Katusha, per tre anni dal 2009 al 2011, è stato il presidente dell’associazione internazionale dei direttori sportivi e aveva avuto ben più di un problema con le istituzioni. Quando decise di fare un passo indietro, fu lui a chiedermi: sei un avvocato, sei fuori dai giochi, sei una figura superpartes, perché non lo fai tu il presidente? Eccomi qui».
Per la cronaca Serge Parsani andò in crisi per la gestione delle radioline in corsa: l’associazione era favorevole, gli organizzatori no. Oggi le radioline ci sono. Serge, anche da nonno, è sempre al timone… Un timone d’oro.
Se sei giá nostro utente esegui il login altrimenti registrati.