Davide Formolo è stato il primo corridore professionista a ricevere il vaccino contro il covid19 e lo ha raccontato con sincera emozione, quella di un giovane uomo che gira il mondo per lavoro e a casa ha ad aspettarlo la donna che dal 15 novembre scorso ha rapito il suo cuore. «Il primo ritiro da papà è una pacchia. Mi sto rilassando al sole e ne sto approfittando per accumulare ore di sonno preziose» racconta con la consueta simpatia il veneto della UAE Emirates. «La piccola Chloe sta sveglia giorno e notte, riesco a vederla in videochiamata una o due volte al giorno, non di più perchè Mirna è presa ad allattare o a cercare di farla stare calma. Sicuramente al mio ritorno dagli Emirati mia moglie si merita un regalo».
Quale corsa vorebbe dedicare alle sue ragazze? «Qualunque gara andrà bene. Ci proverò tra Strade Bianche, Ardenne, Giro d'Italia, Olimpiadi e Lombardia, i miei obiettivi principali per la stagione alle porte».
Lo chiamano Roccia per la sua capacità di tener duro in gara, ma quando parla della sua famiglia e della sua squadra si scioglie. «Il team è fantastico, tra noi si respira un'atmosfera unica, tutti lavorano per un obiettivo comune, non c'è competizione interna. Ai miei compagni sono molto legato. Vivo nello stesso palazzo con Pogacar e Conti: Tadej al piano terra, io al secondo piano, Valerio al quarto. Quando siamo a Monaco ci alleniamo insieme, l'anno scorso è stato importante averli vicini nei lunghi periodi senza gare per confrontare dati e sensazioni. Avere colleghi-amici di questo livello è stimolante perchè ti spingono a migliorarti».
E dei nuovi arrivati che impressione ha avuto? Non teme che inizino ad esserci troppi galli nel pollaio? «Il ciclomercato della squadra è stato impressionante, l'acquisto all'ultimo minuto di Hirschi mi ha piacevolmente stupito. Con lui e Trentin avremo 4 corridori che potranno giocarsi le corse più importanti, come le classiche. Con una squadra più forte è più facile per tutti attaccare e avere una chance di vittoria. Talenti del genere è meglio averli come compagni che non come rivali».
A 28 anni, dopo due stagioni in cui non ha potuto esprimersi al meglio a causa di infortuni, continuano a chiedergli se si immagina più corridore da corse di un giorno o da grandi giri. «Non so e non voglio scegliere. Voglio dimostrare quanto valgo in entrambi – e contrattacca. - Roglic che vince Liegi e Vuelta è da classiche o grandi giri? Non ha senso rispondere, ci sono corse lunghe e dure in cui atleti di endurance vengono fuori, io ho fatto vedere che sono al top nelle corse di un giorno e che devo migliorare nelle corse a tappe, sto lavorando per questo. Il Giro d'Italia 2018 è l'ultimo che ho concluso senza problemi e non distante dai migliori, dopo tre top ten il team crede in me e vogliamo provare a migliorarci».
L'anno scorso fu triste vederlo abbandonare il Tour con una clavicola fratturata (a Parigi però non mancò per festeggiare Pogacar in giallo, ndr) e difficile da digerire non poterlo ammirare in azzurro al mondiale di Imola2020. «Rinunciare alla rassegna iridata in casa è stato come “spararmi in testa”, ma ormai è passata e dobbiamo guardare avanti» conclude saggiamente. «Il mio 2021 inizierà all'UAE Tour, poi correrò la Strade Bianche per provare la differenza tra estate e inverno, la Tirreno-Adriatico, la Milano-Sanremo quindi andrò al Teide per allenarmi in vista delle Ardenne, quindi Giro d'Italia. Dopo la corsa rosa andrò in ritiro a Livigno per poi scortare Tadej al Tour e trovare la condizione migliore in ottica Olimpiadi. La prova in linea è sempre una corsa pazza, il percorso che ci aspetta a Tokyo è ancora più folle perchè è davvero duro. Sarà importante avere una squadra forte. Io in genere emergo quando la gara diventa dura e complessa da gestire, farò del mio meglio per farmi trovare pronto per la sfida a cinque cerchi».