La sesta stagione da professionista per Simone Velasco avrebbe dovuto iniziare con la Challenge Mallorca di fine gennaio, ma così non sarà a causa del rinvio della corsa a maggio, visto che l’isola delle Baleari sta vivendo una seria emergenza sanitaria per Covid-19, corsa dunque rimandata a maggio. Sarà quindi (sempre Covid-19 permettendo) la Volta a la Comunitat Valenciana, in programma dal 3 al 7 febbraio, a dare il via alla stagione del corridore della formazione russa Gazprom-Rusvelo.
L’Elbano di Procchio ha da sempre anche un’altra grande passione oltre alla bicicletta, ovvero quella per il mare: «Quando ero piccolo, prima di iniziare a gareggiare in bici andavo in barca a vela presso il Circolo Velico «La Guardiola» all’Isola d’Elba (ai tempi gestito dal papà Gabriele ndr). Ho iniziato come quasi tutti i bambini nella classe Optimist, per poi passare al Laser e successivamente al catamarano Topcat K1 e K3. La vela è uno sport faticoso, a differenza di quanto si possa pensare. Quando stai un’intera giornata in mare la sera torni a casa finito come un calzino. La vela è una passione che sto coltivando tutt’ora, nonostante il poco tempo libero a disposizione, ma tra un allenamento e l’altro, quando riesco, vado a fare qualche giro sul catamarano. Ammetto di essere un grande fan anche del windsurf».
Segui l’America’s Cup che si sta svolgendo nelle acque della Nuova Zelanda?
«Ho guardato qualche regata a dicembre ma non sono un grande appassionato di barche volanti, preferisco quelle tradizionali.
Come mai hai scelto il ciclismo al posto della vela?
«È avvenuto un po’ per caso, più tempo passavo in sella alla bici e più volevo starci. Così ho capito che quella era la strada giusta da percorrere, senza nulla togliere alla vela che per sempre rimarrà una grande passione. In realtà, nella mia famiglia c’è sempre stato un grande interesse per la bicicletta: il mio bisnonno Candido ha vinto due Giri dell’Elba tra gli anni ’30 e ’40 e il mio babbo Gabriele correva in mountain-bike nei primi anni 2000, quindi ogni tanto uscivo a fare qualche giro insieme a lui. La passione per la bici si è intensificata quando la mia professoressa di educazione fisica alle medie ha introdotto la mountain-bike nel programma delle ore di ginnastica, e così ho iniziato a pedalare insieme ad un bel gruppo di amici. Da semplice hobby pomeridiano il ciclismo è diventato il mio impegno e successivamente il mio lavoro».
A proposito di mountain bike quest’anno all’Isola d’Elba si svolgeranno i Campionati del Mondo Marathon . Ci hai pensato?
«Assolutamente sì, ne ho parlato anche con la mia squadra e credo che proverò ad essere al via. Mi piace molto correre in mountain bike, mi diverto moltissimo, infatti ancora oggi circa due volte alla settimana la uso per alternare gli allenamenti su strada.»
Qual è il tuo primo ricordo legato alla bici?
«Mi ricordo benissimo quando i miei nonni Lia e Bruno mi hanno regalato per Natale la mia prima bicicletta: era a scatto fisso, blu con le ruote gialle fluo. Avevo poco più di due anni ed è stato amore a prima vista.»
Sei cresciuto tra gli Junior nella Work Service e poi tra i dilettanti nella Zalf Euromobil Fior…
«Alla Work Service ho trovato una grande famiglia che mi ha coccolato: avevo solo 16 anni e sono stato per molto tempo lontano da casa. È stato un passaggio fondamentale della mia crescita, grazie a loro sento di essere maturato molto sia come corridore ma anche come uomo. Anche alla Zalf sono stato molto bene e per me è stato un onore difendere i colori di questa squadra».
Nel 2016 poi il passaggio tra i professionisti con la maglia della Bardiani-CSF. Cos’è cambiato oggi rispetto al tuo debutto?
«Il mio debutto non è stato dei più fortunati perchè appena sono passato ho avuto la mononucleosi che ha compromesso un po’ l’inizio di stagione. Oggi è sicuramente cambiato il mio modo di correre, soprattutto dopo il 2019 quando ho vinto il Trofeo Laigueglia e la terza tappa della Settimana Internazionale Coppi e Bartali. Da quel momento ho capito di avere buone potenzialità per ambire a qualcosa in più e per cercare di essere più competitivo. Il 2020 purtroppo non è stata una grande stagione, non ho cominciato con il giusto colpo di pedale e quando ho iniziato a sentirmi in buona condizione c’è stato il lockdown che ha messo in ginocchio il mondo dello sport e non solo».
Ad oggi qual è il tuo più bel ricordo?
«Sicuramente la vittoria al Trofeo Laigueglia è stato il coronamento di un piccolo sogno che avevo nel cassetto. E pensare che la giornata non era iniziata proprio bene…»
Come mai?
«Quando sono andato a fare colazione ho preso le uova pensando fossero cotte, le ho sbattute sul tavolo per aprirle ma erano crude e così ho fatto un bel disastro sul tavolo dell’hotel e dentro di me ho pensato “Ecco la giornata inizia proprio bene…”» confessa Simone ridendo.
Il ricordo più brutto, invece?
«Sempre al Trofeo Laigueglia ma nel 2018, quando a 20 km dal traguardo mi si è completamente spenta la luce e sono andato in crisi di fame».
Cosa ti ha insegnato il ciclismo?
«A non mollare mai, ma anche a collaborare con gli altri sapendo però che a volte devi cavartela da solo.»
Se dovessi scegliere tre parole per descrivere la bicicletta?
«Libertà, dedizione e fatica. Tanta fatica».
Cosa ti piace fare nel tempo libero?
«Dall’enduro, al surf, alle camminate insieme ai miei due cani, Bianca e Biagio. Questi sono solo alcuni dei miei hobby, non trovo mai il tempo per poter fare tutto… mi servirebbero giornate da 48 ore. Ogni tanto devo tirare il freno a mano altrimenti esagero e rischio di non avere il tempo necessario per poter recuperare».
Che cosa ti aspetti dal 2021?
« Spero di tornare ai livelli del 2019 e di riconfermarmi. Mi auguro di riuscire a portare a casa anche qualche successo: vincere è sempre bello».
Hai un sogno nel cassetto?
«Ne ho tantissimi. Ciclisticamente parlando il mio sogno è quello di vincere una Grande Classica.»
Una in particolare?
«Se devo pensare in grande direi la Milano-Sanremo...»
E al di fuori del ciclismo?
« Mi piacerebbe riuscire a sistemare il complesso di appartamenti che ho qui all’Isola d’Elba insieme alla mia famiglia, per riuscire a creare una sorta di hotel, offrendo una vacanza sportiva a 360°.. Per ora ci stanno pensando mio nonno e mio papà: in totale sono 9 appartamenti, due li hanno già finiti e adesso ne stanno sistemando altri due, senza fretta. Secondo me tra un paio di anni siamo pronti per partire».
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