Al primo incontro lo sguardo è serio dietro gli occhiali, ma i sorrisi non mancano a Claudio Cozzi. Il direttore sportivo della Israel Start Up Nation nel 2021 tra i suoi uomini avrà anche Chris Froome, simbolo di una squadra che vuole crescere e fare il salto di qualità. Cozzi è l’uomo deciso e buono, che ha vissuto il Covid-19 negli Emirati Arabi, bloccato in una camera d’albergo e che, una volta tornato a casa in Lombardia, ha vissuto il lockdown duro, mettendosi a disposizione di chi era in difficoltà. Per lui tante gioie ed emozioni, come quella vissuta a Siena quando il ciclismo stava ripartendo e la promessa fatta a se stesso di impegnarsi di più anche per i nostri giovani corridori.
Guardando all’anno appena finito si sente di fare un bilancio positivo o negativo?
«Mi ritengo soddisfatto di come abbiamo portato a termine la stagione in un anno così difficile. Dan Martin ha fatto un quarto posto e ha vinto una tappa alla Vuelta. Anche al Giro d’Italia abbiamo vinto una frazione con Alex Dowset che ha conquistato la prima vittoria della squadra nel Word Tour. Vista la ripartenza così veloce e intensa, direi che siamo stati bravi».
Lei al Giro d’Italia era nella prima ammiraglia con Nicki Sorensen quando Dowsett ha vinto l’ottava tappa. Che ricordi ha di quella giornata?
«La mattina eravamo partiti con l’idea di vincere con Dowsett e Brandle e avevamo detto di cercare di prendere l’iniziativa prima che fossero altri a farlo. In macchina eravamo un po’ nervosi, io e Sorensen parlavamo tra noi, ma il nostro compito era quello di motivare i nostri corridori. Quando i nostri sono rientrati e Alex si è trovato in vantaggio gli abbiamo detto di andare come se fosse una cronometro fino al traguardo. Al pullman c’era aria di festa e sono stato contento perché c’era anche Valentino Sciotti, il nostro sponsor, che ha potuto vivere quel momento con noi».
A suo avviso in questo anno sportivo cosa è mancato?
«Sicuramente le corse nel momento giusto della stagione. Non è facile avere un mese di agosto così intenso e poi è mancata anche la gente, che ringrazio per aver capito che doveva stare lontani».
Lei ha vissuto la ripartenza a Siena con Strade Bianche e anche quel giorno era in ammiraglia. Che giornata è stata?
«In ammiraglia ero primo direttore e alla guida c’era Sorensen. Mentre aspettavamo la partenza ci guardavamo increduli e quando siamo arrivati al chilometro zero e la corsa era partita abbiamo provato un brivido e ci siamo detti: "ci siamo riusciti, il ciclismo è partito". Poi siamo andati a tutta e faceva un gran caldo e non abbiamo avuto più il tempo di pensare a niente. E’ stato bello al via perché dopo tanto tempo anche se a distanza, ci siamo rivisti tutti, perché nel ciclismo siamo tutti amici».
Lei il Covid lo ha vissuto molto da vicino: era negli Emirati Arabi quando la corsa venne sospesa e voi eravate obbligati a stare isolati nelle vostre stanze. Ripensa mai a quel periodo?
«A dire il vero non molto, perché io sono lombardo e al rientro a casa abbiamo vissuto da vicino quello che i telegiornali raccontavano. E’ stato un momento difficile per noi, perché dall’albergo sentivamo le notizie drammatiche di quello che stava accadendo a casa. Degli Emirati ricordo l’attesa, il momento in cui ci avrebbero detto che potevamo andare in aeroporto. Quando è arrivato il via libera, ricordo la velocità nel preparare tutti i documenti dello staff e degli atleti, avevamo paura di perdere l’aereo. In aeroporto per fare presto salii sulla bilancia per passare velocemente tutte le bici per l’imbarco, per evitare che il materiale rimanesse a terra. In aereo poi pensavamo solo a tornare a casa».
Lombardia e Covid, un dramma raccontato in tutto il mondo. Lei in qualche modo ha cercato di rendersi utile: ci racconta come?
«Non sono un eroe, ho solo aiutato persone in difficoltà che erano sole e portavo loro i pasti cucinati e la spesa. Penso che in momenti difficili dobbiamo aiutarci tutti e sostenerci. C’è gente che ha perso il lavoro, famiglie in difficoltà e anche per Natale ho riempito dei carrelli della spesa donandoli a delle associazioni».
Quest'anno in squadra ci sarà con voi Chris Froome: quale potrebbe essere il suo programma e con la squadra a cosa punterete?
«La squadra con Froome punterà al Tour de France, dove vogliamo raggiungere un buon risultato. Lui doveva correre in Argentina, ma la corsa è saltata e dobbiamo decidere come andare avanti. Speriamo che Greipel disputi una buona stagione dopo le cadute e le fratture che ha riportato nel 2020. Con Vanmarcke punteremo alle Classiche in Belgio e Dowsett come obiettivo avrà la cronometro olimpica. Abbiamo Cimolai e De Marchi che devono dimostrare il loro valore, che sicuramente c’è».
Quale sarà il suo programma?
«Stiamo definendo in questi giorni come saranno i programmi dei corridori. Prima faremo un ritiro dal 12 al 25 gennaio a Girona in Spagna, poi sarò a febbraio in Francia, per continuare in Italia con il Laigueglia e tutte le corse di casa fino al Giro. Poi Tour de Suisse, Vuelta e di nuovo in Italia per finire con il Lombardia».
Con la squadra avete parlato di vaccino per il Covid?
«Ancora non ne abbiamo parlato ma se ci viene proposto io personalmente non ho problemi a farlo».
C’è qualcosa che non ha fatto in questi mesi e che le piacerebbe fare?
«Non sono uno da viaggi ai tropici o cose del genere. Però mi piacerebbe scendere a Roma, una città che amo veramente e passeggiare nelle strade del Centro e poi nella campagna. Sono una persona semplice, il nostro Paese così bello, non c’è bisogno di andare lontano per trovare delle meraviglie».