L’anno più pazzo del ciclismo, il 2020. Le prime corse, la pandemia e la clausura, poi tutto in due mesi e mezzo, Tour Giro Vuelta classiche campionati nazionali e Mondiale.
L’anno più pazzo del ciclismo, il 2020. Come se la Serie A o la Bundesliga si fossero disputate giocando un giorno sì e l’altro no, però sfruttando il giorno no per misurarsi nella Champions League o nelle coppe nazionali.
L’anno più pazzo del ciclismo, il 2020, ma con le sue bellezze. L’imprevedibile crono finale del Tour de France. Il duello altimetrico sullo Stelvio tra Geoghegan Hart e Jai Hindley al Giro d’Italia. Il finale del Fiandre. La fuga iridata di Julien Alaphilippe a Imola. Per dirne solo quattro.
Il 2020, l’anno più pazzo del ciclismo – compresso ma impresso, concentrato ma celebrato – va ricordato. Per i risultati sorprendenti, per i giovani emergenti, per le emozioni forti e frequenti. Stavolta è stata davvero una stagione, una sola stagione dopo l’inizio interrotto, a cavallo fra estate e autunno, anche fra elogi e polemiche, auspici e critiche, speranze e giudizi.
“Racing in the time of Covid” (YouCaxton Publications, 232 pagine, 12,99 sterline) è l’antologia sulla stagione ciclistica 2020 composta da quel gruppo di giornalisti stranieri riuniti sotto il nome di “La course en tete”: OJ Borg, Nick Bull, Peter Cossins, William Fotheringham, Matt Morris, Sadhbh O’Shea, Sophie Smith, Jeremy Whittle e swpix.com. Un’opera comunitaria, a capitoli più che ad articoli, cronologicamente ordinati, ragionati, approfonditi, emozionati. C’è la forza di Roglic, ma anche la freschezza di Pogacar. C’è la sfortuna di Thomas, ma anche il talento di Van der Breggen. C’è la leggerezza di Alaphilippe, ma anche la rassegnazione di Cavendish. C’è la sfida rusticana fra Van der Poel e Van Aert. C’è l’ombra del razzismo, ma anche – sempre - la luce del ciclismo. E stavolta c’è anche il fantasma di un virus che si aggira, che s’insinua, che s’intromette, che si moltiplica, che non ci ha ancora mollato.
Non è solo “il meglio di”, “Racing in the time of Covid”, ma l’incalzante racconto di una stagione travagliata, contagiata e – si spera – unica.
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