Io e lei. Io: Nico Franchi. Lei: la bicicletta. Io: Nico Franchi, 44 anni, da Pescia (il paese di un’antica maglia rosa, Quirico Bernacchi), artigiano di mestiere, coltivatore diretto di tre passioni che - “in ordine sparso” - sono pittura, ciclismo e letteratura. Lei: la bicicletta, moltiplicatrice di sensazioni ed emozioni, racconti e ricordi, esplorazioni e avventure, giri e rigiri, ragioni e ragionamenti, pensieri e parole, musica. Io: Nico Franchi, che a un certo punto della vita – grosso modo, un anno fa – si ispira e si dedica a lei: la bicicletta, con un progetto nato prima nelle gambe e poi nella testa e che Franchi, quando si sarebbe rivolto agli editori cercando interesse e sostegno, definiva come “quello di scrivere, descrivere, ricordare, e dunque unire le mie tre passioni”.
Così è nato “Io e lei” (Edizioni Efesto, 128 pagine, 13,50 euro, con la prefazione di Claudio Gregori). Otto racconti. “Un giorno perfetto” è l’incantesimo di un’alba a novembre, di una strada liscia, del saluto di un anziano, di un bosco a mille metri, tutto spezzato da una caduta improvvisa e imprevista. “Io, lei e mio padre” è il pronti-via, dalle scorribande sulle rotelline al prodigio del primo equilibrio autonomo e libertario, sempre nella scia, un po’ all’ombra e un po’ al vento, come sono i rapporti complici e conflittuali tra padre e figlio. “Una gara difficile” è la cronaca di una granfondo avversata da freddo, pioggia, grandine, e quella continua lotta fra mollare e insistere, cedere e resistere, abbandonare e arrivare. “Al Giro d’Italia” è un giorno alle corse, un giorno di corsa, un giorno per fra con i corridori, un giorno di inseguimento e attesa fino a quell’eterno attimo fuggente in cui il gruppo magicamente si materializza e immediatamente si volatilizza. “Impressioni lungo una salita” è, più che un’ascesa, un’ascensione, ed è, più che una pedalata, un viaggio, ed è, più che un divenire, uno stare, un essere, un esistere, dimenticando, abbandonando, meditando. “Il gioco” è l’istinto del confrontarsi, cimentarsi, sfidarsi, competere, dimostrarsi superiore se non migliore, come se in ballo ci fosse un titolo, un traguardo, un podio. “Perché?” è quella domanda che non ha risposta, non l’ha mai avuta, né da piccoli né da grandi, né mai e né mai l’avrà, perché si muore, che implica anche perché si vive, perché si muore a vent’anni o a trenta, perché si muore una mattina in bicicletta, e tutto quello che Michele Scarponi – morto una mattina in bicicletta: perché? – ci ha lasciato a forza di pedali e sorrisi, soprattutto il giorno in cui si esaltò, per altruismo e generosità, da gregario. Infine “Senilità” è quel vecchio corridore, a ciascuno il suo, che ha una storia, una storia unica e meravigliosa, la sua, da scavare, cantare, recitare, ricamare, tramandare.
Franchi ha scritto “Io e lei” da artigiano qual è: pennellate di biciclette, affreschi di ciclismo, schizzi di corse, ritratti di corridori. Quella fra “Io e lei” è una storia romantica e poetica, ventosa e sudata, familiare e personale, comune e unica.
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