Nel ciclismo il nome di Manuela Ronchi è legato a filo doppio a quello di Marco Pantani, della quale è stata manager negli ultimi cinque anni di vita del Pirata.
E nel suo libro "Le relazioni non sono pericolose" (Gribaudo editore) che arriva oggi in libreria, Ronchi dedica un capitolo proprio a Pantani, raccontato come «un omino minuto, magnetico, con un carisma fuori dal comune».
Intervistata da Cosimo Cito su Repubblica, Manuela Ronchi spiega: «Sin dal nostro primo incontro, a Cesenatico, si stabilì un contatto speciale. Nel ciclismo non c'erano donne, e ancora oggi sono pochissime, ma lui si fidò di me».
Inevitabile il ricordo di Madonna di Campiglio, Giro 1999.
«Era la penultima tappa di un Giro già vinto, avevo preparato i completini del Pirata, ma non c'era un'aria di festa. Era stato un Giro strano, sin dalla partenza, Marco si era schierato contro la sovrapposizione dei controlli antidoping di Uci e Coni. Sono stata io a consigliare a Marco di uscire dal portone principale dell'hotel Touring, i di parlare con i giornalisti, di non scappare. E Marco è morto quel giorno. Pochi mesi dopo Campiglio, arrivò la cocaina: ci fu chi gli disse che aiutava a guardare oltre, a vedere la verità. E lui voleva scoprire chi l'avesse fregato in quel Giro del '99».